Tre show, una scaletta farcita di pezzi da novanta: questa la promessa fatta da ICS Vortex e soci ai fan italiani qualche mese fa, che si concretizza davanti ai nostri occhi nella seconda delle tre serate italiane, al Revolver di San Donà. Ad aprire la serata tre realtà nostrane, i campani Párodos e i laziali Shadowthrone e Shores of Null.
A un anno e mezzo dall’uscita di “Catharsis”, l’esibizione dei Párodos mostra come il quintetto sia ormai in grado di gestire con sicurezza il palco, frutto di un’incessante attività live che li contraddistingue fin dalla loro formazione. Il loro è un genere che fatica a stare all’interno di qualunque recito: avantgarde, folk, black e atmosfere solenni si fondono in una proposta personale eseguita senza particolari sbavature. Nel poco tempo a disposizione, tutti i musicisti sono autori di un’ottima prova aiutata decisamente dai suoni ben bilanciati fin dall’inizio, che permette di apprezzare ogni sfumatura del loro sound, che siano le importanti parti di tastiera o i dualismi vocali tra parti pulite e growl. Un’esibizione che ci dà conferme sulla qualità della band e speranze per ciò che verrà.
A seguire gli Shadowthrone, band attiva da quattro anni che propone un genere sicuramente più ortodosso della band precedente: con vari richiami a band storiche del panorama black/death, lo stile è ancorato alla tradizione. La loro esibizione, tuttavia, si rivela quella più incolore della serata: complice forse il fatto di non averli conosciuti prima, i quattro ragazzi sono autori di una prova un po’ intangibile, come se mancasse la sostanza. Probabilmente l’impressione cambierà dopo un ascolto su disco e magari dopo una seconda volta dal vivo, ma al momento non ci sono elementi sufficienti per dare un giudizio definitivo.
Ultimo gruppo prima del gran finale, gli Shores of Null calcano il palco del Revolver e fin da subito si dimostrano una spanna sopra tutti gli altri: capitanati da Davide Straccione, autore di una prova vocale tanto particolare quanto convincente, i romani danno sfogo alla loro personale miscela di malinconia e pesantezza, intrisa di doom, gothic e affini. La loro esibizione verte chiaramente su entrambi i loro lavori, “Quiescence” e “Black Drapes for Tomorrow” che non a caso hanno catturato l’attenzione di Candlelight Records: le trame intricate dei vari strumenti si poggiano su un comparto vocale di prim’ordine, tra la voce di Davide e quelle di Gabriele Giaccari, Raffaele Colace (chitarre) e Matteo Capozucca (basso) che riescono a coprire qualsiasi sfumatura tecnica necessaria al genere. La performance scorre bene, senza intoppi, e strappa molti applausi a un pubblico molto soddisfatto ma che, purtroppo, si mantiene ancora distante dal palco per qualche motivo. I romani sembrano non farci caso e fanno un ottimo lavoro, probabilmente consci dell’attesa per gli headliner che inizia a serpeggiare tra il pubblico.
PARODOS – SHADOWTHRONE – SHORES OF NULL
I pirati spaziali guidati dall’istrionico I.C.S. Vortex mancavano dall’Italia da relativamente poco, ma date le premesse l’attesa era comunque spasmodica. Gli Arcturus non deludono minimamente e soddisfano le alte aspettative del pubblico: un set spudoratamente incentrato su quello che per il sottoscritto è probabilmente il capolavoro dei norvegesi, “Aspera Hiems Symfonia”, che dà uguale spazio anche a quel trip allucinante che è “La Masquerade Infernale”, per toccare anche gli altri tre lavori in studio.
A tal proposito, l’inizio è un po’ in sordina con “Shipwrecked Frontier Pioneer” che segue l’intro “Kinetic“, ma niente paura: è solo l’antipasto di una scaletta non adatta ai deboli di cuore, che vede pezzi come “The Bodkin & the Quietus” e l’immensa “To Thou Who Dwellest in the Night” contrapporsi ad altri di uguale caratura come “The Chaos Path” (nonostante sia un caposaldo degli show della band), “Painting My Horror” e la chicca finale “Of Nails and Sinners“.
Tutti i musicisti sono sugli scudi e il solo Sverd alle tastiere, purtroppo per tutti i presenti, risulta a volte un po’ coperto a causa dell’equalizzazione. Come accennato prima, i suoni non sono affatto malvagi, tanto che pure il basso di Skoll risulta chiaramente udibile lì dove serve. Probabilmente è tutta “colpa” di Hellhammer, la cui batteria si erge impietosa e asfalta i timpani degli astanti: niente di estremamente chirurgico e preciso, qualche colpo ogni tanto lo manca, ma è perfetto così. Vortex, dal canto suo, è sempre Vortex: ubriaco probabilmente già dal pomeriggio, scherza e ride col pubblico, con quel suo fare sornione e carnevalesco, tirando fuori al contempo una prestazione impeccabile.
La serata si chiude, per fortuna, a un orario umano senza grossi ritardi. Il pubblico giovane e meno giovane tributa i giusti applausi a una tra le band più peculiari del panorama metal, che speriamo di rivedere più presto possibile.
Shipwrecked Frontier Pioneer
Game Over
Painting My Horror
Alone
The Bodkin & the Quietus
Du Nordavind
Collapse Generation
The Chaos Path
To Thou Who Dwellest in the Night
Wintry Grey
Crashland
Master of Disguise
Raudt Og Svart
Of Nails and Sinners
ARCTURUS