Un tour di quelli a cui è un peccato mancare, quello che vede due giganti come gli Anathema e gli Alcest. I primi a supporto del nuovo, ottimo “The Optimist”, i secondi ancora in piena fase promozionale dell’acclamato “Kodama”. Due formazioni molto diverse tra loro, specialmente dopo il ritorno dei francesi a sonorità estreme, ma che trovano un filo conduttore nell’elevato tasso emotivo e nelle atmosfere delle loro musiche e performance dal vivo. Come ormai vi sarete accorti, la geografia ci è amica e ci siamo ritrovati nuovamente al Kino Šiška, nella capitale slovena, una location che si riconferma eccezionale indipendentemente dal genere. Una serata in cui è difficile trovare dei lati negativi, uno dei quali potrebbe essere il pubblico un po’ restio a lasciarsi andare con gli headliner, con Danny Cavanagh costretto a spronarlo più volte. Buona lettura!
ALCEST
I francesi capitanati dal buon Neige, sempre più a suo agio con l’orda di fan (anche con quelli fin troppo calorosi), salgono sul palco puntuali alle 19:30. Il locale è pieno per tre quarti, ma il pubblico presente si mostra partecipe e coinvolto fin dalle prime note di “Kodama“, brano che riconsegna il combo francese ai vecchi fasti dopo il penultimo, molto discusso “Shelter”, che avrà comunque il suo piccolo spazio dedicato in scaletta. Come di consueto, il nucleo composto dal frontman e da Winterhalter alla batteria è affiancato da Zero alla seconda chitarra e Indria al basso, per un’esibizione che mantiene alto il livello di intensità dall’inizio alla fine: l’atmosfera è sognante, eterea, grazie alle luci diffuse sul palco e i suoni sono ben definiti fin dalle prime note e tutte le sfaccettature delle composizioni degli Alcest sono pienamente godibili, dalle sezioni più riflessive e malinconiche alle sfuriate di stampo black squarciate dallo scream di Neige, tanto intriso di sofferenza ed emotività da portare le lacrime agli occhi degli astanti. La scaletta, breve in numero di canzoni ma comunque consistente in termini di minutaggio (un’ora piena a disposizione del quartetto d’oltralpe), prende a piene mani da quasi tutta la discografia, unico grande escluso il debutto “Souvenirs d’un Autre Monde”: dall’ultimo lavoro, oltre alla title track, vengono riproposte “Eclosion” e “Oiseaux de Proie“, mentre due tracce rappresentano “Les Voyages de l’âme”, tra le quali la bellissima “Autre Temps“. A chiudere il concerto ci pensano la solita, meravigliosa “Percées de Lumière“, che non manca mai l’obiettivo, e “Délivrance“. Una performance senza sbavature, ben più di una spanna sopra rispetto alla prima esperienza del sottoscritto con gli Alcest ormai quattro anni fa. Bello, inoltre, vedere i quattro assistere al concerto degli headliner accanto all’entrata per poi mostrarsi estremamente disponibili per foto e autografi a fine serata.
Setlist:
- Kodama
2. Là où Naissent les Couleurs Nouvelles
3. Oiseaux de Proie
4. Eclosion
5. Autre Temps
6. Percées de Lumière
7. Délivrance
ANATHEMA
L’arrivo degli Anathema sul palco è anticipato dal solo Danny Cavanagh che scruta l’audience con fare quasi intimidatorio: il concerto inizia sulle note di “San Francisco“, introduzione al nuovo album, mentre sullo sfondo è proiettata una spiaggia vista dall’abitacolo di un’auto: si tratta della copertina di “A Fine Day to Exit”, targato 2001 del quale “The Optimist” narra il destino del protagonista aspirante suicida. Fin da subito, però, è evidente come la formazione sia menomata: grande assente della serata è infatti John Douglas, normalmente alla batteria ma che da qualche anno a questa parte si dedica alle tastiere, scambiandosi il ruolo con il portoghese Daniel Cardoso. Vincent Cavanagh ci spiega i motivi dell’assenza, legati alla volontà di Douglas di non partire per lunghi tour e stare accanto alla piccola figlia durante l’infanzia. L’assenza si tradurrà in qualche leggerissima sbavatura di Cardoso e in una prova non proprio funambolica della sezione ritmica insieme al bassista Jamie Cavanagh, ma soprattutto in molte basi registrate, con Vincent a fare la spola tra chitarra e tastiere. Per il resto, nulla da eccepire: la band britannica si destreggia alla perfezione lungo gran parte della discografia, prediligendo il materiale più recente. Protagonista indiscussa in mezzo a dei musicisti eccelsi nell’insieme è la bellissima e bravissima Lee Douglas, impegnata costantemente in parti soliste e duetti che deliziano le orecchie del pubblico. Si va quindi indietro fino al 2001 con “Barriers” e “Pressure“, andando a prendere ovviamente a piene mani dall’ultima fatica discografica e da tutto ciò che c’è in mezzo: le due “Untouchable“, la meravigliosa “Dreaming Light“, senza tralasciare “A Natural Disaster” e neanche lo sperimentale “Distant Satellites”, con la title track cantata da tutto il pubblco. Il pubblico, appunto: se dalla seconda metà del concerto (e sui pezzi più celebri) questo si lascia coinvolgere con applausi e ovazioni, nella prima metà è come se si trattenesse un po’ troppo, costringendo il povero Danny Cavanagh a ripetute incitazioni, compreso un dickinsoniano “Scream for me Ljubljana!”. Il buon Danny è anche catalizzatore di uno degli highlight della serata, quando sulla nuova “Springfield” chiede di accendere il flash dei propri telefoni in una moderna riproposizione dei classici accendini. La band in generale si è dimostrata aperta al contatto con il pubblico, scambiando saluti, ringraziamenti e aneddoti vari: uno su tutti riguardante proprio John Douglas, il quale una bella vigilia di Natale, proprio nella capitale slovena, sarebbe stato arrestato per essersi arrampicato sull’albero nella piazza principale. L’esibizione prosegue su binari rilassati e ad alto carico emotivo fino alla sua naturale conclusione, composta dall’anthemica “Back to the Start“, uno dei pezzi da novanta di “The Optimist”e dalla classica “Fragile Dreams“, introdotta dall’ultima strofa di “Breathe” dei Pink Floyd e dall’assolo introduttivo di “Shine On You Crazy Diamond“. Luci accese e tutti con il sorriso sul volto dunque, con la consapevolezza di aver assistito a una serata fuori dal comune e salutati da Danny che si esibisce in una roca interpretazione di “What a Wonderful World“.
Setlist:
- San Francisco
- Untouchable, Part 1
- Untouchable, Part 2
- Can’t Let Go
- Endless Ways
- The Optimist
- The Lost Song, Pt. 3
- Barriers
- Pressure
- Dreaming Light
- A Simple Mistake
- Closer
- Firelight
- Distant Satellites
- Springfield
- Back to the Start
- Fragile Dreams