ANGRY NATION – The Fail Decade

Gli Angry Nation sono una band provenient dalla bassa Austria, formata da dei veterani in campo musicale ma nata da poco tempo, infatti questo album è quello di debutto. Si autodefiniscono thrash metal, ma hanno poco a che fare con gruppi più famosi quali Slayer e Metallica: le canzoni sono sviluppate in maniere particolare, aggiungendo parti di orchestra e puntando a incastrarle con parti più pesanti del thrash, con risultati accettabili. La voce in growl, più consona al black metal, dà uno stacco dalle chitarre che non lesinano melodie e riff orecchiabili con il sound in alcuni casi simile a quello di Kirk Hammett, ma di effetti wah non vi è traccia. In conclusione trattasi di un album di 55:43 minuti divisi in 11 pezzi con una durata che si aggira quindi tra i 2 e i 6 minuti.

Tra le canzoni rilevanti:

  • The Fail Decade: terza canzone dell’album. Intro orecchiabile, riff scatenato, ritornello buono, primo ritornello che sembra venire dall’heavy metal più semplice, il secondo veramente orecchiabile anche se tranquillo. Pecca veramente rimproverabile è la voce che in alcuni punti stona troppo e si sforza parecchio per mantenere il tono.
  • Nemesis Illuminatia: quinto pezzo dell’album. Canzone unica, una miscela di suoni di generi differenti condensati in quasi sei minuti quali pianoforte, violini, campane e cori in stile gregoriano, il tutto immerso in un ritmo vivace dando in alcuni punti una traccia  medievale come intervallo a riff più moderni.
  • In The Name Of The Race: nona canzone. Intro in tapping e doppio pedale, poi caricamento e botta scatenata. A differenza delle altre usa meno strumenti ma rende comunque bene, sforando dal thrash e aggiungendo parti che non stonerebbero nel death intervallati da riff orecchiabili, mentre l’assolo non riesce a sbocciare in pieno.

Riassumendo in poche righe è un album un po’ monco: non manca la varietà delle canzoni e il mixaggio non è male, ma trasmette poche emozioni e non ti lascia qualcosa dentro dopo che le hai ascoltate che ti spinga a  risentire l’album di nuovo. Alcune canzoni sono buone, altre cominciano bene per poi perdere smalto, altre non rendono proprio. Vale la pena sentire l’inizio, le tre canzoni rilevanti e trascurare il finale.

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