Non è umano… non può esserlo… ogni volta che lo vedo dal vivo va a finire così! Dopo aver visto cosa può fare questo mostro con sei corde, mi chiedo se vale la pena per noi, poveri mortali, continuare a suonare la chitarra: dopo un suo concerto la mia va regolarmente a finire in un angolo per qualche mese. Ovviamente sto parlando di Steve Vai, l’insuperabile genio chitarristico mondiale. Metalpit ha avuto il piacere di partecipare al suo concerto al Castello di Udine durante il tour di promozione del venticinquesimo anniversario di Passion and Warfare.
Ad aprire le danze nella bellissima cornice del Castello di Udine alle 20.30 sono i Dolcetti, duo composto dal chitarrista Gianni Rojatti e dal batterista Erik Tulissio. Il duo ha presentato al pubblico un’ anticipazione del nuovo album in uscita “Arriver”. Supportati solamente da basi elettroniche e synth, con virtuosismi chitarristici e tecnicismi di prim’ordine riescono a creare la giusta atmosfera per l’arrivo di Steve Vai.
(Qui la galleria fotografica dei Dolcetti)
Alle 21.30, dopo un breve video introduttivo del celebre duello di chitarra tratto dal film Crossroads (Mississippi Adventure in Italia) del 1986, sale sul palco Steve Vai, con la modestia e sobrietà che da sempre lo contraddistingue… occhiali da sole, laser, ventilatore che gli fa ondeggiare i capelli ormai tagliati corti e chitarra illuminata da led blu tamarro. Tutto per predisporci psicologicamente al primo brano della serata, “Bad Horsie”. Senza pause si passa a “The Crying Machine”, dove trova spazio anche Dave Weiner, il secondo chitarrista, che con il suo improbabile cappello Panama, fa parte della Vai band ormai da più di dieci anni. Segue “Gravity Storm”, tratto da the Story of Light . Dopo altri due brani, e dopo essersi fatto prestare la macchina fotografica da un fotografo ed essersi sparato un selfie, finalmente entriamo nel vivo del concerto e inizia la parte centrale e più attesa dello show: l’esecuzione integrale dell’album Passion and Warfare in occasione del 25 anniversario della pubblicazione. E a questo punto rimaniamo veramente senza fiato ed entriamo nella magia di questo capolavoro della musica strumentale. Una dopo l’altra ci vengono sparate “Liberty”, “Erotic Nightmares”, “The Animal” e “Answers”, con una piccola partecipazione in video del maestro di Steve Vai, Joe Satriani. Proseguendo nella scaletta dopo “The Riddle”, arriva il turno di “Ballerina 12/24”. Qui le doti arpeggistiche di Vai raggiungono l’estasi suprema, con la chitarra che non suona… canta! Senza neanche il tempo di riprendere il respiro ecco “For The Love of God”, pezzo lento e magico. Si dice che, prima di registrarlo 25 anni fa, Steve digiunò per giorni, perché era convinto di riuscire ad arrivare ad uno stato mentale che avrebbe dato più pathos al pezzo. Non penso abbia digiunato anche prima di questo concerto, ma credetemi che le emozioni che riesce a dare quest’uomo con la sua chitarra in mano sono indescrivibili. Con “The Audience Is Listening” abbiamo un’apparizione divina sullo schermo dietro il palco… John Petrucci che si congratula con Steve per i 25 anni di Passion e Warfare e “improvvisa” una Jam con lui per terminare il brano. Il concerto prosegue nell’esecuzione di Passion and Warfare senza grosse sorprese, si apprezza ancora la perfezione del suono e della tecnica della band, fino ad arrivare a “Stevie’s Spankies”, pezzo cover di Frank Zappa. Steve ci racconta che la prima volta che venne in Italia fu nel 1982 per suonare insieme a Frank Zappa, così sul grande schermo posto dietro la batteria appare il compianto Frank, che suonando insieme a Vai ci fa un po’ tornare indietro nel tempo di 35 anni. Arriviamo al momento del “cabaret”: uno Steve Vai così loquace e comico non me lo sarei mai immaginato. Tra una battuta e l’altra e storpiando qualche parola in italiano fa sorridere più di una volta i presenti. Finite le gag chiede a due persone tra il pubblico di salire sul palco per un esperimento. Lo raggiungono un ragazzo di nome Roberto e una ragazza che dice di chiamarsi Eliana. “Hi Cupcake”, esordisce Steve rivolgendosi a lei, “io sono Stefano”. Spiega che ora creeranno insieme una canzone tutta nuova; i due ragazzi canticchiano alternandosi un ritmo di batteria, di basso e di chitarra e i musicisti sul palco li replicano a perfezione con i propri strumenti. Alla musica si aggiunge Steve Vai che con un’improvvisazione magistrale termina la canzone. I due vengono invitati a sedersi a lato del palco per godersi gli ultimi due brani da quella posizione privilegiata. Con “Racing the World” e “Fire Garden Suite IV” termina il concerto. Steve ringrazia il pubblico italiano per tutti gli anni che lo supporta e dice che è stato un piacere suonare in un posto così, in una città bellissima come Udine e in una serata fantastica come quella.
Il folto pubblico che presenziava il concerto inizia ad andarsene e così anch’io. Camminando giù per la collina del castello ho ancora nelle orecchie il suono unico e corposo tipico della chitarra di Steve Vai. Queste sonorità mi resteranno in testa per un bel po’ di tempo e la mia chitarra tornerà nell’angolo per qualche altro mese.