In una regione in cui i concerti metal di un certo livello si contano sulle dita di una mano, la discesa dei Monuments in quel di Vicenza rappresenta un’occasione da non perdere per nessun motivo: a maggior ragione se la serata è un venerdì che chiude la settimana e se i gruppi di spalla sono dei gruppi veramente interessanti che si stanno facendo un nome nel panorama metal. Ecco a voi il report di una serata che proponeva come piatto forte progressive metal e djent, ma che nel caso dei Vola ha saputo regalare una piacevole e inaspettata sorpresa.
A fare gli onori di casa gli Shading, che presentano il loro ultimo disco “The Vanishing Of Our Lore”. Visibilmente emozionati, ringraziano più volte Versus Music e i Monuments in quanto maggiori ispiratori del loro sound. Emozione che traspare durante la performance, pur essendo molto vivaci e precisi nell’esecuzione, sul palco sono abbastanza statici, complice forse anche la poca partecipazione del pubblico: alle 19:30, il Bocciodromo è ancora, purtroppo, semivuoto. In ogni caso la loro musica è bella e curata, consiglio vivamente l’ascolto del loro disco e di andare a vederli dal vivo.
SHADING
A seguire, gli Atlas dalla Finlandia. Propongono un genere a metà via tra il progressive e l’hardcore, molto interessanti. Sul palco si comportano meglio, intrattengono molto il pubblico con la loro energia e si prestano volentieri al fotografo per qualche scatto più inusuale e divertente. Toccante il momento in cui il cantante ricorda il loro amico morto di recente: è il pezzo più intenso della scaletta, scende in mezzo alla folla abbracciando tutti, un modo fisico per trasmettere un messaggio importante. Alla fine dello show si lasciano andare alle chiacchiere, trovano un momento per parlare con tutti.
ATLAS
Il tempo di una birra veloce e i francesi Kadinja sono già sul palco: la presenza del pubblico è superiore alle aspettative, contando che lo show degli headliner è tra più o meno due ore. La proposta del giovane quintetto soffre di una certa derivazione dai maestri del genere, ma è innegabile la loro perizia tecnica e la loro capacità di stare sul palco, e i momenti di interazione con il pubblico sono molti. I due chitarristi scendono dal palco più di qualche volta per suonare davanti alle prime file, mentre il bassista incita a più riprese il pubblico che risponde positivamente: in tutto ciò c’è ovviamente spazio per il sano headbanging, che esplode in particolare nei breakdown presenti in bene o male quasi tutte le canzoni. I suoni degli strumenti sono perfettamente bilanciati, puliti e udibili tutti nitidamente: la voce invece risente di problemi audio riscontrabili nelle parti in pulito del cantante Philippe Charny Devandre, sezioni che si sentono molto a fatica al contrario del growl, molto pieno e potente. Quarantacinque minuti dove i ragazzi si sono divertiti, hanno fatto divertire ma soprattutto hanno messo in scena delle doti tecniche che, se miscelate a una certa dose di personalità, potranno farli emergere dal calderone djent/mathcore.
KADINJA
Dopo una ventata di djent nudo e crudo, assistere a un’esibizione dei Vola è quanto di più straniante, inatteso, spiazzante ma interessante possiate provare. Il quartetto danese si compone del cantante e chitarrista Asger Mygind, Nicolai Mogensen al basso, Martin Werner alle tastiere e Adam Janzi alla batteria, e propone una miscela a dir poco personale di progressive rock anni ’70 sullo stile dei Pink Floyd, miscelato con l’heavy metal (di matrice groove/industrial) e l’elettronica: il tutto è condito da delle linee vocali totalmente in pulito. La prima parola che userei per descrivere la proposta della band è “freschezza”: le varie influenze musicali non sono nulla che non sia già sentito, ma è la miscela e la combinazione degli elementi a fare la differenza. E i Vola di personalità ne hanno da vendere, e pure di creatività: certo, questo non è il sound che ti fa scatenare in poghi e crowdsurfing, ma nonostante ciò il pubblico accoglie molto positivamente la prestazione del quartetto, lesinando applausi alla fine di ogni canzone, nonostante i problemi audio alla voce pulita non siano stati del tutto risolti. Gruppo assolutamente da seguire con estrema attenzione, una piacevole sorpresa.
Setlist:
Smartfriend
Starburn
Ghost
Your Mind Is a Helpless Dreamer
Alien Shivers
Gutter Moon
Whaler
Stray the Skies
VOLA
Quindici minuti di cambio di palco e i Monuments sono pronti per il loro concerto: l’eccitazione del pubblico è palpabile sin dal soundcheck, John Browne & Co. vengono incitati a gran voce dalla folla che ormai ha riempito il bocciodromo. L’intro di due minuti ci accompagna al singolo d’apertura del concerto, nonché dell’ultimo album “Phronesis” (a breve la recensione su queste pagine), “A.W.O.L.“. La devastazione può avere inizio: i momenti di pausa nell’ora e dieci di concerto sono veramente pochi, perché Browne e Steele sono delle macchine sciorinariff di straordinaria qualità e perizia, Swan è la perfetta combinazione tra solidità e interazione con il pubblico (forse quello che si è divertito e interagiva di più), mentre Chris Barretto e il suo diaframma una combinazione di rara potenza. Già alla seconda canzone i Monuments rischiano di mettere sottosopra il Bocciodromo sfoderando subito “I, the Creator” e tutta la sua carica trascinante; i brani estratti dall’ultimo album funzionano molto bene in sede live (“Mirror Image” su tutte), ma è con i classici del passato che la temperatura sale vertiginosamente. La coppia “Atlas“/”Doxa” rappresenta il punto di non ritorno: i poghi ormai non si contano più, così come i crowdsurfing, e i Monuments sembrano sorpresi dall’eccitazione generale.
Dopo nove canzoni la band torna dietro le quinte per un momento, prima di ritornare per il trittico finale e dopo esser stata richiamata a gran voce dal pubblico. “Origin of Escape” è una bomba a orologeria innescata dal crowdsurfing del frontman, che fa impazzire un pubblico che si era un attimino raffreddato: “Hollow King” e i suoi tre minuti non ha lo stesso effetto di un secchio d’acqua alla mattina appena alzati, ma di uno di ferro dritto sui denti, e “Degenerate” ci rilascia alla tanto cara tranquillità dopo l’ultimo scossone finale.
Setlist:
A.W.O.L.
I, the Creator
Leviathan
Stygian Blue
Mirror Image
Atlas
Doxa
Empty Vassels Make the Most Noise
Regenerate
Origin of Escape
Hollow King
Degenerate
Una serata da panico: senza nulla togliere alle quattro band precedenti, i Monuments hanno letteralmente rubato la scena con una prestazione eccezionale per presenza scenica e tecnica. Che fossero musicisti superlativi non c’era il minimo dubbio, ma vederli live mi ha fatto scoprire pure dei veri animali da palco. Peccato per il sempre costante problema alle clean vocals, in parte sistemato durante lo show degli headliner ma comunque a livelli insufficienti, l’unica pecca di una serata semplicemente devastante. Pure dal punto di vista fisico!