Dopo appena un anno dalla loro ultima calata italiana, gli inossidabili Metallica tornano per un unico concerto all’Ippodromo Snai San Siro, ancora a supporto dell’infinito Worldwired Tour. L’arrivo nel capoluogo lombardo di Hetfield e soci attira come al solito moltissima gente, tant’è che l’ippodromo registra più di 47.000 presenze per l’esibizione della band americana. Per questa nuova fase del Worldwired Tour, i Metallica hanno deciso di portarsi come gruppi spalla gli sconosciuti Bokassa e gli ormai noti Ghost, una delle band più seguite degli ultimi anni. A guastare però questa giornata all’insegna del rock e del divertimento, ci pensa la pioggia, la quale fin dalle prime ore della mattina inizia ad investire Milano e zone limitrofe. Si spera ovviamente che almeno per il tardo pomeriggio il brutto tempo dia una tregua, ma così, purtroppo, non sarà. Comunque, il maltempo non intimorisce la gente, che si arma di impermeabili e tanta pazienza pur di vedere i loro i beniamini. Vediamo come è andata!
BOKASSA
I cancelli aprono alle 15, ma bisognerà aspettare le 18 per l’esibizione dei Bokassa. Il tempo alla fine passa e, alle sei spaccate, i norvegesi fanno il loro ingresso davanti ad una folla già molto consistente. Il tempo a disposizione ovviamente è poco, ma i Bokassa, formati da Jorn Kaarstad alla voce e alla chitarra, Bard Linga al basso e Olav Dowkes alla batteria, non si risparmiano e propongono sei canzoni, tutti tratte dall’unico album inciso, intitolato “Divide & Conquer”, pubblicato nel 2017.
La musica suonata dalla band è bella ruvida, non durissima, ma di certo nemmeno orecchiabile. Karstaad tiene il palco in maniera non indifferente e sembra incontrare anche l’apprezzamento del pubblico. Dopo mezz’ora, i Bokassa si ritirano ringraziando il pubblico milanese che, bisogna dirlo, si è dimostrato reattivo. Ovviamente questi ragazzi ne ha molta di strada da fare, però le premesse ci sono.
Setlist:
Impending Doom
Last Night (Was A Real Massacre)
Hellbilly Handfishin’
Mouthbreakers Inc.
No Control
Walker Texas Danger
GHOST
Si cambia ora totalmente registro. Sul palco infatti stanno per salire i Ghost. La scenografia si presenta prettamente gotica ed altrimenti non poteva essere, viste le sonorità cupe, ma melodiche, del gruppo. Intorno alle 19 gli svedesi fanno il loro ingresso sul palco, ben accolti dalla folla. Si parte con l’intro “Ashes“, seguita da “Rats“, brani entrambi provenienti da “Prequelle”, ultima fatica in studio della band. Spazio poi a brani più vecchi, tra cui “Ritual“, classico del gruppo eseguito benissimo. Dopo un’altrettanto bella “From the Pinnacle to the Pit“, si ritorna a all’ultimo disco con il roccioso mid-tempo di “Faith“. Il concerto del gruppo svedese prosegue in un’atmosfera misteriosa ed esoterica, ma anche di ironia, viste le numerose volte che il cantante interagisce in maniera molto simpatica col pubblico. Si prosegue poi tra altri brani di “Prequelle” come “Miasma” e “Dance Macabre” e altri più vecchi tra cui “Mummy Dust” e il piccolo classico “Year Zero“. Lo show termina e i Ghost ringraziano sentitamente con tanto di inchino. Una buonissima performance tenuta dagli svedesi, i quali ormai si sono consolidati sulla scena contemporanea.
Setlist:
Ashes
Rats
Absolution
Ritual
From the Pinnacle to the Pit
Faith
Cirice
Miasma
Year Zero
Mummy Dust
Dance Macabre
Square Hammer
METALLICA
Dopo l’esibizione dei Ghost, un’orda di quasi 50.000 fan, che ha resistito per ore al freddo sotto la pioggia, è in trepidante attesa dei loro idoli. Per coloro che li seguono da anni, l’inizio del concerto è ormai prevedibile, infatti quando in sottofondo parte il pezzo degli AC/DC “It’s A Long Way To The Top (If You Wanna Rock’n’Roll)“, è segnale che lo show dei Four Horsemen sta per iniziare. Sui maxischermi compare puntuale la proiezione della famosa scena tratta dal film “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone, accompagnata dalla celebre intro “The Ecstasy of Gold” del maestro Ennio Morricone. La folla canta in coro mentre la tensione aumenta e, alla fine, ecco che i Metallica entrano in scena sulle note della tostissima “Hardwired“, che infiamma subito la platea. Un inizio davvero esplosivo, col pubblico che inizia a cantare e formare nuclei di pogo tra salti e spintonate.
Parliamo ora o dopo del cattivo audio? È stata solo colpa del tempo o anche dei fonici? Dallo snakepit la chitarra di Kirk Hammett era letteralmente sovrastata dalla grancassa e tutto lo show ha sofferto purtroppo di un’acustica modesta, sin dalla prima canzone. Successivamente, le cose sono migliorate, ma il livello dell’audio non è mai stato soddisfacente. E questa è una cosa che hanno notato in molti: d’altronde, ad un concerto dei Metallica, all’aperto, ci si aspetta un impianto audio all’altezza, ma così non è stato.
La band pesca poi da “ReLoad”, album che divide il pubblico tra i fan nostalgici e i più giovani, con “The Memory Remains“, la quale tutto sommato, in sede live, riscuote sempre buon successo grazie al ritornello cantato all’unisono. Si torna poi alle origini con la mazzata “Ride the Lightning“, uno dei pezzi più belli dei Metallica targati anni ’80. Un momento che ogni metallaro che si rispetti dovrebbe vivere almeno una volta nella sua vita. Successivamente, i ragazzi di San Francisco ci tirano fuori un’altra bella chicca, ovvero la rocciosa “The God that Failed“, tratta dal famigerato “Black Album” e, sempre da quest’ultimo, anche la struggente “The Unforgiven“, uno dei picchi del concerto. Nuovamente spazio all’ultimo disco, quindi, con “Here Comes Revenge” e “Moth into Flame“, ben accolte dalla massa.
I Four Horsemen sono in forma smagliante e incuranti della pioggia, viaggiano per l’immenso palco, fino alla passerella che delimita lo snakepit, avvicinandosi, in svariati casi, a pochissimi metri dai fan estasiati. Il massiccio Robert Trujillo fa espandere linee di basso che rimescolano le viscere, Hammett è un vortice di riff e assoli, pur sempre abusando del famigerato wah, il quale inconsapevolmente si vendica dato che il buon Kirk inciampa nella pedaliera cadendo: niente di grave, si rialza ridendo e procede inarrestabile. Da dietro la batteria si intravede la testa dell’indomabile Lars Ulrich che pesta come un dannato, ma purtroppo si nota che ha messo un freno al doppio pedale. Infine, il dominatore che fa scintillare sia le corde della chitarra che quelle vocali, ossia l’inossidabile James Hetfield che spara sulla folla raffiche di note senza tregua. A seconda dei pezzi, l’inconfondibile voce di Papa Het passa dall’essere calda e tenue ad un graffiante ruggito, anche se non più quello di un tempo. Ma gli anni passano per tutti e il suo carisma è rimasto encomiabile tanto che gli è sufficiente dire yeah per tenere in pugno la folla. Ovviamente anche la coreografia fa il suo effetto tra fiammate, proiezioni dei musicisti sui maxischermi e del pubblico da ogni angolazione, laser e fuochi artificiali.
Dopo l’immancabile “Sad But True”, si apre il siparietto di Rob e Kirk che si piazzano sulla punta dello snakepit per il consueto omaggio alla musica italiana. I fan che li videro a Torino, cominciano a urlare di non suonare Vasco, fortunatamente Robert chiede se ci piacciono i Litfiba ed eseguono “El Diablo“, apprezzata dalla folla.
Poi la scena è tutta del bassista, che si destreggia in un assolo, durante il quale viene proiettato un filmato del mai dimenticato Cliff Burton tratto da un live del 1985, momento davvero intenso e commovente che fa presumere che successivamente la band avrebbe suonato un pezzo storico. Invece James, tornato sul palco, intona “St. Anger” che, malgrado le critiche di cui tutti siamo a conoscenza, coinvolge nuovamente gli spettatori, anche se a qualcuno resta l’amaro in bocca. Ma in seguito i nostri si fanno perdonare dal momento che hanno tenuto in serbo le cariche di dinamite per il finale: si sentono elicotteri e esplosioni in lontananza… è il momento di “One“. I tecnici si attivano rapidamente sulla punta dello snakepit e con grande sorpresa da sotto la passerella compare una seconda batteria. Ebbene sì, Lars e compagni si piazzano li di fronte e lungo la pedana, sparando una serie di super classici cominciando appunto con “One“, caratterizzata da una bellissima produzione sui maxischermi, e proseguendo col capolavoro “Master of Puppets“, la quale fa scatenare il delirio. Segue una micidiale tripletta, che riconduce ai primissimi anni di vita della band, con la poderosa “For Whom the Bell Tolls“, la leggendaria “Creeping Death” e infine il coronamento del tutto con “Seek & Destroy“: un’onda anomala che ha messo a dura prova la gola dei fan in visibilio che hanno cantato fino all’esaurimento delle energie, ma che hanno ancora fiato per inneggiare all’ennesimo coro in favore di James e soci che si ritirano per una meritata pausa (all’asciutto).
La pioggia, seppur debole, non accenna a smettere: i fan in preda al freddo aspettano ansiosi e dopo breve tempo, i Metallica tornano per il consueto encore, iniziando con l’inaspettata “Lords of Summer” (molto adatta al clima), seguita dalla ballad per eccellenza “Nothing Else Matters“, la quale scalda, come sempre, i cuori di tutti. L’ultima canzone, non poteva essere che la celeberrima “Enter Sandman“, suonata perfettamente e che conclude un concerto epico.
Terminato lo show, la band rimane a lungo sul palco a prendersi i meritati applausi e Lars Ulrich ricorda la prima volta dei Metallica a Milano, nel 1984 di spalla ai Venom. Tempi ormai lontanissimi, ma ancora ben scolpiti nella mente di chi già allora poteva godersi i primi concerti dei thrasher americani.
Tirando le somme, i Metallica del 2019 sono ancora in grado di mettere a ferro e fuoco i palchi sui quali suonano. Ovvio che, magari in alcuni passaggi, la band non abbia più la brillantezza di un tempo, ma all’età loro non sono molti i gruppi che ancora riescono a tenere in pugno una platea di quasi 50.000 persone. Chapeau!
Setlist:
The Ecstasy Of Gold (Intro)
Hardwired
The Memory Remains
Ride the Lightning
The God that Failed
The Unforgiven
Here Comes Revenge
Moth into Flame
Sad But True
Halo on Fire
St. Anger
One
Master of Puppets
For Whom the Bell Tolls
Creeping Death
Seek & Destroy
Lords of Summer
Nothing Else Matters
Enter Sandman