È mercoledì 25 luglio, e siamo giunti giusto a metà del Metaldays 2018. Il tempo passa veloce, e nonostante il caldo torrido, che piega un po’ le energie di noi metallari vestiti di nero da testa a piedi, si affronta con la giusta carica anche questo terzo giorno di festival.
Arriviamo quando Sleepers’ Guilt, 1000Mods e Any Given Day hanno già avuto l’arduo compito di sciogliersi nell’ora di punta.
È ora il momento di un gruppo che ho potuto vedere live non molto tempo fa, in occasione degli Iron Maiden a Trieste (qui live report e foto). Sto naturalmente parlando dei Tremonti, band fondata dal chitarrista degli Alter Bridge Mark Tremonti, che propone un classicissimo heavy metal di puro stampo statunitense. La scaletta proposta non si diversifica particolarmente rispetto allo show a cui avevo già recentemente fatto da spettatrice, eseguendo brani tratti dal loro ultimo lavoro in studio “A Dying Machine” (2018) ma anche alcuni più datati come “So You’re Afraid” e “Another Heart“. Lo spettacolo prosegue abbastanza lentamente e, dopo una ventina di minuti, diventa anche noioso non essendoci una grande varietà musicale tra i vari pezzi proposti.
Forse un po’ per il caldo, forse un po’ per le ragioni elencate, non vi è molto pubblico ad ascoltare la band statunitense.
Ci spostiamo al terzo palco, quello delle nuove proposte, per assistere alla performance dei Supreme Carnage: band death metal tedesca che si approccia con una grinta esplosiva al pubblico.
SUPREME CARNAGE
Ci spostiamo nuovamente, ma questa volta al second stage, dove si stanno esibendo gli italiani Selvans con il loro black metal abbastanza melodico e un classico body painting.
SELVANS
Ritorniamo al main stage per proseguire con i Rage, band heavy/speed/power metal tedesca fondata nel 1983 dall’attuale leader Peter “Peavy“ Wagner. La scaletta attinge dal periodo successivo al 1993, per arrivare fino ai tempi recenti con brani estratti dall’ultimo “Seasons Of The Black“, in un’esibizione che attesta il buono stato di salute della band teutonica nonostante i 35 anni di carriera.
RAGE
Rapido cambio di palco, e si possono notare numerosi fan con t-shirt e bandane bianche e rosse ad attendere il prossimo gruppo: i Loudness. Band heavy/thrash metal giapponese formatasi a Osaka nel 1981, è riuscita a riscuotere abbastanza successo tra il pubblico sloveno. E sinceramente, non me ne capacito molto: repertorio noioso e fermo agli anni ’80, senza alcuna novità proposta.
LOUDNESS
Concedo una rapida occhiata al Daily Metal, la rivista ufficiale del Metaldays, per controllare il prossimo gruppo in scaletta. Si tratta degli Igorrr, di cui non avevo sentito mai parlare prima, ma già dall’allestimento del palco capisco che è qualcosa di imperdibile: vengono montate solo una console da DJ e una batteria.
Gli Igorrr nascono dalla mente del compositore francese Gautier Seurre, e propongono un qualcosa di indescrivibile: un mix di musica elettronica, classica, lirica, barocca, death e black. Detto a parole, forse, sembrerà un po’ uno schifo buttato insieme ma, invece, la resa è davvero spettacolare.
In aggiunta a DJ e batterista, ci sono una cantante lirica, che si destreggia egregiamente anche con lo scream e con il balletto classico/moderno, e un cantante black dalle caratteristiche abbastanza spettrali, pitturato come fosse appena uscito dal film “King Arthur”. Il tutto è incorniciato da movimenti bizzarri e inquietanti da parte dei due, come se si fossero appena fumati un qualcosa di davvero pesante. Forse è così, forse no… ma non è importante.
Insomma, la curiosità era tanta e le aspettative sono state del tutto superate. Nonostante lo stile abbastanza anomalo, non solo per un festival metal probabilmente, la reazione del pubblico è stata oltre le aspettative.
Consigliato vivamente l’ascolto, anche se live è decisamente tutt’altra cosa.
IGORRR
Cambio di palco e calano le luci: è il momento dei Soulfly, band in cui milita Max Cavalera, ex membro – e fondatore – dei Sepultura prima dell’abbandono nel 1997. Il gruppo propone un mix di di nu/groove metal caratterizzato da tematiche sociali.
Dal 2012 è entrato come batterista il figlio del cantante Zyon Cavalera che, nonostante la giovane età, si è rivelato all’altezza della carriera musicale del padre riuscendo a stare al passo e facendo volare più volte le bacchette a causa della troppa foga.
Si parte con “Frontiers“, tratto da “Dark Ages” del 2005, per proseguire con brani come “The Summoning” e la cover dei Napalm Death “You Suffer“. A concludere una performance eccezionale, dopo un rapido saluto sul palco da parte del figlio più piccolo di Cavalera, i Soulfly salutano la Slovenia con la classica “Jumpdafuckup” e “Eye For An Eye“, che fa scatenare l’intero pubblico.
SOULFLY
Trepidante attesa per gli headliner della giornata, i canadesi Kataklysm capitanati dal solo e unico Maurizio Iacono.
“Like Angels Weeping (The Dark)” viene fatta esplodere in quel di Tolmin, con un blast beat incredibile da parte del batterista Oli Beaudoin.
Il pubblico è totalmente in delirio e coinvolto al punto giusto, tanto da riuscire a soddisfare la richiesta di Iacono nel creare il più grande circle pit del festival, che non si dà una fine se non alla conclusione del concerto.
È a questo punto che il cantante fa salire sul palco la moglie per il lieto annuncio: presto diventerà padre! Un caloroso applauso abbraccia i due, per svanire sulle note di un pezzo grosso: “In Shadows & Dust“. Da ora in poi è tutta in discesa: “Crippled & Broken“, “The Black Sheep” e a concludere “The World Is A Dying Insect“.
Niente da criticare. Sicuramente una delle migliori performance dell’intero festival, con continui moshpit, crowsurfing e circle pit imbattibili come dimensioni.
KATAKLYSM
L’oscurità ha ormai invaso l’intero festival, anche se manca una sola band ad esibirsi. Ci spostiamo dunque al second stage, dove sono già pronte due carcasse di animali a darci il benvenuto (mi tengo a debita distanza per non essere deliziata dagli odori di putrefazione, non invidiando la prima fila che, però, se l’è cercata).
I Belphegor fanno la loro apparizione con il solito body painting e il sangue cosparso su viso e braccia, il tutto incorniciato da croci rovesciate sparse qua e là.
Non ho molto da dire sulla performance in quanto abbastanza piatta e sciapa, banale e al limite del ridicolo. Per questo motivo, abbandono il festival un po’ prima della fine dello show.
BELPHEGOR