La giovane manifestazione- siamo infatti appena alla seconda edizione – si tiene nella location più invitante dell’intera capitale austriaca, particolarmente piacevole per gli spazi aperti, la ragguardevole scelta di punti dove poter recuperare birra e la serie di stand per rifocillarsi. Due i palchi e sedici le band previste.
Dopo band minori come Darkfall, Theotoxin e Distillator, sul palco principale si presentano dei Gutalax decisamente sottotono, se consideriamo i loro sfoghi su palchi più grossi, come quello del MetalDays dell’anno scorso. Eppure il pubblico austriaco va in visibilio per loro e non si perde d’animo nel richiedere una prestazione quantomeno simile. Qualche rotolo di carta igienica vola dalla scena, ma in generale c’è ben poco movimento da parte del gruppo.
Facciamo un bel tuffo nel passato con i Desaster, che risollevano il morale di tutti: gran presenza sul palco ed energia da vendere. L’unico membro fondatore rimasto, Infernal, è al top della sua forma, graffia e gratta le corde della sua chitarra con divertita aggressività. A pochi metri da me si forma il primo moshpit, contenuto ma assai irruente. Non ci sono confini e l’urto travolge anche gli altri spettatori.
Seguono i Ragnarok sul palco “District 19” e attirano parecchio: lo stanzone si riempie velocemente e la gente continua a spingere dall’ingresso. Superare la massa per fare qualche foto è un compito arduo e una volta raggiunta la prima fila la pochissima luce non aiuta. Profondo buio e suoni gutturali, come vuole la regola del buon vecchio Black Metal anni ’90. Dopo un po’ però lo show mi pare ripetitivo, esco e mi rilasso con una birra fresca sul prato davanti alle strutture esterne dell’Arena – oggi inutilizzate in quanto era previsto il classico acquazzone primaverile. Dopo il caldo della sala gremita, questo attimo è una goduria irrinunciabile.
Finisco in tempo per assistere ai primi virtuosismi degli Obscura, picchi di precisione soprattutto con “Akròasis”. La band tedesca si sofferma spesso a parlare al pubblico: Stefan Kummerer presenta il proprio repertorio con pacatezza, appoggiando le braccia sulla chitarra. A loro non servono effetti speciali per colpire nel profondo: sta tutto nella tecnica, nella raffinatezza, nell’estensione del suono. Sembra di assistere ad un concerto al Wiener Staatsoper: si ascolta compostamente e con attenzione. Nessun movimento inconsulto, scrosci d’applausi al termine di ogni pezzo.
Seconda birra e breve pausa. Le opzioni per poter mangiare qualcosa sono talmente tante che non c’è fila da nessuna parte: cinque bar e due camioncini si spartiscono il lavoro. L’atmosfera è decisamente più rilassata che a qualsiasi altro festival.
Mi aspettano però i Nifelheim, che si aggiudicano il titolo di campioni della serata fin dalle prime battute. L’età qui è solo segno di qualità: “Storm of the Reaper” e soprattutto “Sodomizer” fanno tremare i polsi, dato il sound decisamente old but gold. Ogni centimetro di pelle dei componenti della band è ricoperto da gocciole di sudore. Mi avvisano di non avvicinarmi troppo a Per “Hellbutcher” e al fratello Erik “Tyrant“, che notoriamente sputano a ogni cambio di sonorità. Non posso che confermare… Il top lo raggiungono con “The Bestial Avenger“, con quel leggero tratto sinfonico che si fa riconoscere subito.
L’energia dei fratelli Gustafsson è decisamente compensata dall’arrivo dei Tiamat. Quando parte la litania posso solo ringraziare che Johan Edlund, ormai sempre più dedito all’esclusiva parte del cantante, non sia totalmente sfatto come al Brutal Assault 2017. La noia mi assale, se non fosse che a salvare la scena interviene Thomas Wyreson, che afferra in modo deciso il microfono. I brani sono tratti da vecchi album, da “Clouds” (1992) a “Wildhoney” (1994).
Il torpore deve aver assalito anche Abbath, che nelle prime tappe del suo repertorio si limita a interpretare la sua parte. Finalmente con “One by One” ci si risveglia. Era ora, anche perché le numerose ore di concerti continui pesano sulle spalle di tutti. Il nostro Abbath aveva solo bisogno di un po’ di incitamento: alla prima risposta calorosa del pubblico, lui reagisce con la verve di sempre. “All Shall Fall” chiude in bellezza la serata di molti, i quali poi si allontanano in direzione della prima stazione della metropolitana.
Causa stanchezza – i concerti sono infatti iniziati alle 14.30 e si protrarranno fino all’una – , non molti rimangono ad assistere alla prestazione dei Marduk. L’Arena si svuota e lascio il posto dopo un ultimo sguardo ai Gama Bomb, che meritano sempre! Fuori dalla sala del palco più piccolo troviamo anche un Infernal presissimo dalla musica, chiodo a brandelli e birra in mano. Lui mica è stanco “come noi giovani”! La classe non è acqua, decisamente…