Altro appuntamento al Kino Šiška, nella capitale slovena, questa volta per gli inossidabili Kreator in supporto all’ultima fatica discografica “Gods of Violence”. Un tour programmato da mesi e mesi, che vedeva inizialmente sul programma i Decapitated, sostituiti dai connazionali Vader in seguito alle accuse ricevute dalla band di Krosno: poco male, in quanto i sostituti hanno regalato uno spettacolo spaccaossa in occasione del venticinquesimo anniversario dell’album di debutto. Ai Dagoba, formazione d’oltralpe, l’onore di aprire per queste due band storiche del panorama metal estremo. Buona lettura!
DAGOBA
L’arduo compito di aprire una serata di un certo spessore tocca ai francesi Dagoba, formazione industrial/groove metal che riesce a raccogliere qualche consenso dai pochi fan sotto il palco (complice anche l’inizio dei concerti anticipato rispetto al solito) ma la cui esibizione fa fatica a convincere e rimanere impressa: ciò dovuto forse allo stile (troppo) moderno rispetto al resto del bill, ma soprattutto alla qualità delle canzoni stesse che non è sembrata chissà cosa. Con un’attitudine tamarra sonoramente e scenicamente, la mezz’ora a loro disposizione scorre abbastanza velocemente e senza particolari picchi degni di nota.
Setlist:
I, Reptile
The Man You’re Not
Inner Sun
When Winter…
The Sunset Curse
The White Guy (and the Black Ceremony)
VADER
Polonia, tardo 1992: gli allora novizi (ma neanche tanto) Vader danno alle stampe il loro seminale album di debutto, quel “The Ultimate Incantation” che si staglia come uno dei più fulgidi esempi della scena death europea. Grezzo, un po’ derivativo se vogliamo (chi ha detto Slayer?), ma sicuramente un lavoro a cui guardare dal basso verso l’alto. Oggi i Vader, guidati ora come allora dall’inossidabile Piotr “Peter” Wiwczarek, festeggiano i 25 anni o poco più di quel disco e lo fanno nel migliore dei modi, con una riproposizione esclusiva di tutto l’album e nient’altro. Un’atmosfera malsana dai toni verdastri dà il via a tre quarti d’ora di violenza inaudita e senza un attimo di riposo, farciti di assoli al fulmicotone dallo squisito sapore retrò, divisi equamente tra Peter e Marek “Spider” Pajak, e di stop’n’go spezzacollo gestiti alla perfezione dal batterista britannico James Stewart. Con pezzi da novanta quali “Dark Age“, la più cadenzata “The Crucified Ones“, “Decapitated Saints” fino alla conclusiva “Breath of Centuries“, i polacchi rendono giustizia al disco, concedendosi al pubblico quel tanto che basta per non smorzare la tensione e confezionando un concerto senza un punto debole che sia uno, mettendo tra un abisso tra loro stessi e il gruppo di apertura. E per quanto riguarda il sottoscritto, aggiudicandosi anche lo scettro della serata, senza nulla togliere allo show perfetto che gli headliner avrebbero tenuto da lì a poco.
Setlist:
Creation (Intro)
Dark Age
Vicious Circle
The Crucified Ones
The Final Massacre
Testimony
Chaos
One Step to Salvation
Demon’s Wind
Decapitated Saints
Breath of Centuries
KREATOR
I Kreator sono probabilmente una delle formazioni thrash storiche, se non l’unica, ad andare avanti spedita dopo più di trent’anni di carriera mantenendo comunque una qualità degna di nota, al netto delle derive melodiche più o meno appetibili degli ultimi anni. Se per quanto riguarda le prove in studio le preferenze possono giustamente variare, in sede live il quartetto di Essen riesce davvero a mettere d’accordo tutti, confermandosi una macchina oliata alla perfezione: chirurgici, coinvolgenti, consci dei propri mezzi e della risposta di un pubblico fedele pronto a tutto, compresi circle pit e wall of death in un locale con il pavimento a gradoni e neanche troppo ampio. Inizio un po’ in sordina per quanto riguarda i suoni, con i piatti un po’ troppo coperti e un mix in generale migliorabile, ma Mille Petrozza e soci non ne vengono minimamente scalfiti, spaziando lungo la loro discografia ultratrentennale, prediligendo gli ultimi due lavori e pescando anche dalla prima parte della loro carriera per un paio di classici, tra cui la preistorica “Flag of Hate“. I singoli dell’ultimo “Gods of Violence” sono lì, come la title-track, “Satan Is Real” o “Totalitarian Terror“, così come brani rappresentanti il corso post-2000 come l’acclamata “Hordes of Chaos” ed “Enemy of God“. Interessante la scelta di inserire nella scenografia sei schermi verticali, utili a diversi scopi durante la scaletta: dalle semplici copertine degli album ai video ufficiali, dalle foto dei fan scattate nell’atrio del locale e proiettate durante “Hail to the Hordes” rendendo infine un bel tributo ai grandi caduti della scena musicale più o meno recente durante “Fallen Brothers“, da Martin Eric Ain e Lemmy fino a Bon Scott, passando per Prince, Malcolm Young e molti altri. L’immancabile “Pleasure to Kill” arriva come da programma in chiusura, con la band che si congeda con precisione teutonica alle 22:30 spaccate e chiude uno show dalle due anime, entrambe funzionanti a dovere: la furia cieca del thrash di una volta e il coinvolgimento derivato dalla svolta più melodica e orecchiabile, ma non per questo meno valida.
Setlist:
Phantom Antichrist
Hail to the Hordes
Army of Storms (Intro)
Enemy of God
Satan Is Real
Civilization Collapse
People of the Lie
Flag of Hate
Phobia
Gods of Violence
Total Death
From Flood into Fire
Hordes of Chaos
Violent Revolution
Totalitarian Terror
Fallen Brothers
Betrayer
Pleasure to Kill