Arriva alla terza edizione il Death Over Venice, e lo fa confermandosi come un festival in costante crescita, interessante per tutti gli amanti del Death Metal e delle sue varianti.
Come da tradizione la serata si svolge al Novak di Scorzè (VE), locale che viste le sue piccole dimensioni (ingresso limitato a 200 persone) rende l’evento ancor più di nicchia e l’esperienza molto intensa per i presenti.
A differenza degli scorsi anni, il festival comprende una sola serata, con l’esibizione di ben sette gruppi: i primi sei italiani, che variano nelle varie sfumature del Death Metal fino ad arrivare agli headliner, i greci Dead Congregation.
Perfettamente in orario, alle 18, salgono sul palco i Diabolical Minds, i quali hanno l’arduo compito di aprire la serata davanti a un pubblico abbastanza esiguo e ancora freddo.
La performance dei veronesi vede la proposta dal vivo di brani presi da “…A Trail of Blood and Hope“, loro unico album uscito l’anno scorso, e si muove in maniera altalenante, non rendendo al meglio. La pecca principale risiede nella mancanza di identità per i Nostri, le loro influenze passano dal classico Old School a correnti Death Metal più recenti, e vengono unite senza riuscire a farsi apprezzare in maniera costante.
C’è comunque da dire che la resa dal vivo dei vari pezzi è molto buona e mostra il potenziale a disposizione: nessuna sbavatura evidente e suoni abbastanza buoni (a tratti impastati, ma senza creare troppi problemi) hanno giocato a favore del quintetto.
I secondi a esibirsi sono i Blasphemous Noise Torment da Belluno, formazione abbastanza esperta, nata nel 2002 per poi sciogliersi momentaneamente nel 2004, e tornata attiva dal 2008.
Nel loro caso, al Death Metal si va a unire una notevole contenente Black molto diretta e grezza, evidenziata dal grande utilizzo di tremolo picking e doppio pedale, ottenendo come risultato uno stile aggressivo e travolgente che comincia anche a far scaldare i presenti.
Parlando proprio del pubblico, durante il cambio palco che ha preceduto il loro concerto, l’affluenza è stata decisamente maggiore, e quando i tre membri del gruppo hanno cominciato a suonare la sala conteneva molte più persone di prima.
Come in precedenza il tempo a disposizione non è molto e si aggira attorno alla mezz’ora, superata di qualche minuto in questo caso.
Visto il genere prediletto, a passaggi tecnici e sperimentazioni viene preferito un approccio sfacciato e distruttivo, che di conseguenza manca di originalità, ma ottiene un buon riscontro sulla sua efficacia.
Altro cambio di palco non molto lungo e si torna al Death Metal classico e, come sempre, spaccaossa con i Chronic Hate. I friulani hanno recentemente rilasciato “The Worst Form of Life“, secondo album della loro carriera che ha visto la luce dopo ben sei anni di silenzio. Per questo fattore, oltre all’attesa per l’album stesso, era molta quella sulla sua resa dal vivo, sicuramente di grande effetto se si esclude qualche piccolo errore qua e là.
La partenza è proprio con le prime due canzoni del suddetto lavoro, “Parasites” e “Toxic Voices“, ma i cinque non disdegnano di rimandi alle precedenti produzioni, proponendo infatti “Devoid of Truth“, pezzo estratto dal loro omonimo EP uscito nel 2007, e “Automated to Death” e “SHC” dal loro primo album, “Dawn of Fury“. Così, si nota come il cantante Andrea Mezzarobba sia in grado di fare buona figura anche se si prendono in esame pezzi scritti e registrati prima della sua entrata nella formazione.
Tracklist:
1. Parasites
2. Toxic Voices
3. Repugnance
4. Choose Your Bullet
5. Contaminations
6. Devoid of Truth
7. Automated to Death
8. Abstract Utopia
9. SHC
La serata continua al meglio con la cattiveria degli Hellish God, formazione che ha rilasciato a gennaio il primo album, “The Evil Emanations“, facendo così conoscere la propria proposta, un Death Metal veloce e violento influenzato principalmente dalla scena europea.
Ciò che contraddistingue il gruppo è l’esperienza dei vari membri: tutti hanno suonato o suonano con altri progetti e la cosa si nota dalla sicurezza che i Nostri hanno sul palco e dall’esecuzione dei brani ottimale nonostante la loro difficoltà non indifferente.
Un’esibizione dal livello costantemente alto che ha visto anche un notevole coinvolgimento del pubblico, raggiungendo l’apice dell’approvazione con pezzi come “Anti-Cosmic Decree” e “Burning the Infidel“.
Nei quaranta minuti abbondanti a loro disposizione, i Nostri hanno anche proposto composizioni dall’EP “Impure Spiritual Forces“, predecessore del suddetto album uscito nel 2016, convincendo anche con esse.
Come detto poco fa, la sicurezza mostrata è sicuramente un punto a favore del gruppo, specialmente se si prende in considerazione Tya (ex Antropofagus), leader della band, che sul palco non ha nulla da invidiare dai più grandi cantanti del genere.
Tracklist:
1. Sharey-Maveth
2. Anti-Cosmic Degree
3. Impure Spiritual Forces
4. The Hindering Ones
5. Triniconoclasm
6. Tagimron Is Summoned
7. I Am Belial
8. Agitator Shall Be Triumphant!
9. Burning The Infidel
10. Lustful Orgiastic Vestements
L’atmosfera si fa più cupa, tenebrosa, quasi asfissiante, quando salgono sul palco gli Assumption.
Le due menti dietro al progetto sono Giorgio e David degli Haemophagus, altri musicisti molto esperti della scena italiana che con questo progetto si dedicano a un Death/Doom capace di insersi molto bene nel contesto della serata, rallentando i tempi, ma mantenendo intatta l’intensità della proposta.
“Absconditius“, prima fatica dei siculi, è uscita recentemente tramite Everlasting Spew Records e Sentient Ruin Laboratories, e gran parte dell’esibizione è concentrata sulla proposta dei brani contenuti in essa.
Nessuna pausa, nel tempo a disposizione per i Nostri, nemmeno una parola rivolta ai presenti: l’aura psichedelica che si respira dentro al locale perderebbe il valore se la performance venisse interrotta anche solo per un secondo, e fortunatamente ciò succede solo tra una canzone e l’altra per tempi irrilevanti.
Il connubio tra il growl demoniaco di Giorgio e le atmosfere sulfuree conquista gli ascoltatori, dimostrando come il genere proposto si possa benissimo inserire in serate del genere, differenziandole e aggiungendo un tocco unico.
Abbiamo evidenziato come diversi protagonisti delle passate performance possano vantare una buona esperienza, dalla quale conseguono sicurezza sul palco e buona resa dei pezzi. Ciò si può dire anche dei bresciani Voids of Vomit, ultima realtà nostrana per la serata.
Nonostante i bresciani non abbiano ancora pubblicato un album (la loro discografia consiste in uno split e due EP, oltre al primo demo rilasciato nel 2006), è notevole il coinvolgimento e l’interesse mostrato dai presenti sotto al palco, la gran parte dei quali spesso occupati con un headbanging sfrenato, già visto in molte altre situazioni nell’arco della serata ma in questo caso ancora più rilevante.
I brani suonati sono presi dalle produzioni citate in precedenza, e si notano i momenti migliori del concerto con “Cursed Void“, “Ritval Expiation of the Parracide” e “Corpsegrinder“, cover dei Death.
L’esibizione dei quattro lombardi si dimostra sicuramente positiva, forse un pelo sotto le aspettative per il livello incostante in certe situazioni, ma il problema non si nota molto e nel complesso il quartetto convince nonostante tutto.
La mezzanotte è passata da circa mezz’ora quando giunge il momento dei tanto attesi Dead Congregation, headliner della serata.
Il loro nome è ben noto agli amanti del genere, specialmente a quelli più affezionati alla sua corrente Old School: seguendo le orme di Incantation, Immolation e simili, infatti, gli ellenici sono riusciti a pubblicare due dischi di ottima fattura, “Graves of the Archangels” e “Promulgation of the Fall“.
Se già il livello della serata si è dimostrato alto, con quest’ultima performance ha raggiunto un apice quasi irraggiungibile, come solo pochi eletti sarebbero stati in grado di fare. I quattro partono senza esitazioni con “Martyrdoom” e continuano in modo spietato a predicare la distruzione e il terrore, con i pezzi che si susseguono uno dietro l’altro, non lasciando alcuna via di scampo.
L’esecuzione dei brani rasenta la perfezione, e il quartetto si dimostra in grado di stare sul palco come se fosse una capacità innata, senza mai calare di livello per tutta l’ora e venti del concerto.
Viene anche dedicato dello spazio anche per omaggiare “Purifying Consecrated Ground“, primo EP del gruppo datato 2005, con “Vomitchrist” e “Lucid Curse“.
Infine, troviamo “Teeth Into Red” a chiudere il tutto, dopo una scaletta che alla sola lettura fa rabbrividire.
Tracklist:
1. Martyrdoom
2. Morbid Paroxysm
3. Quintessence Maligned
4. Schisma
5. Wind’s Bane
6. Vanishing Faith
7. Lucid Curse
8. Only Ashes Remain
9. Promulgation of the Fall
10. Immaculate Poison
11. Vomitchrist
12. Teeth Into Red