La data del 13 novembre a Milano è stata l’ultima del mini tour italiano dei norvegesi KAMPFAR, accompagnati da SELVANS, KYTERION e, in questo caso, ATLAS PAIN.
La serata si è svolta nel Blue Rose Club, un locale piccolo e accogliente che per la serata si è riempito per bene.
Ma andiamo con ordine: il locale ha aperto le porte con qualche minuto di ritardo, ma appena entrati il tempo per ambientarsi è stato ben poco; subito hanno attaccato a suonare gli Atlas Pain, band che avevo già avuto il piacere di ascoltare live precedentemente. C’è da dire che il loro stile folk non era proprio adattissimo alla serata, ed è risaputo che il pubblico black sia piuttosto difficile da coinvolgere. Infatti, nonostante i tentativi dei musicisti, le persone presenti non si sono smosse; non c’è però da farne una colpa alla band milanese, che ha suonato con passione ed energia e ci ha regalato un ottimo inizio di serata. Oltre alla dinamicità dei componenti sul palco e alla piacevole enfasi che si percepiva, anche dal punto di vista tecnico gli Atlas Pain hanno saputo riprodurre molto fedelmente i loro lavori in studio.
Il Blue Rose Club, da parte sua, ci ha restituito un’acustica piacevole. Essendo molto piccolo, però, si è riempito piuttosto in fretta e le band per salire sul palco hanno dovuto passare in mezzo alla folla, cosa che ho trovato leggermente disagiante.
I secondi a salire sul palco, con pochissimi minuti di distacco dalla band precedente, sono stati i Kyterion: un’altra band italiana che personalmente non conoscevo e ho ascoltato per la prima volta in questa occasione; opo essersi fatti spazio fra la folla con i loro cappucci neri che gli coprivano il volto, hanno iniziato a suonare del black metal molto coinvolgente che ha finalmente iniziato ad attrarre maggiormente gli amanti del genere.
Infatti, pian piano l’aria stava iniziando a scaldarsi in vista del terzo gruppo che sarebbero stati i Selvans, band originaria dell’Abruzzo; avevo già assistito ad un loro concerto, e come la volta precedente sono stati fenomenali. Probabilmente grazie anche alla ridotta dimensione del luogo, improvvisamente sembrava di trovarsi in mezzo ad un rito pagano, tra la nebbia, l’atmosfera fitta e mitica e la teatralità del frontman. Complice di tutto ciò, il black metal che ci propongono i Selvans è, a parer mio, uno dei più apprezzabili nel territorio italiano al giorno d’oggi. Il pathos che ci mettono è palpabile così come le sensazioni che trasmettono e, come Dolk ha detto durante la serata, è assolutamente una band di cui dobbiamo andare fieri.
Senza protrarsi per troppo tempo comunque, i Selvans hanno lasciato poi il palco ai tanto bramati Kampfar. Essendo una delle mie band preferite è molto difficile per me essere impaziale, ma credo che tutti i presenti possano concordare sul fatto che siano stati impeccabili. Partendo con una bella sberla come Gloria Ablaze, hanno alternato canzoni vecchie e nuove passando da Reavenheart a Mydler, da Swarm Norvegicus a Hymne. Nonostante, secondo me, la loro esibizione sarebbe dovuta durare qualche minuto in più, hanno svolto le loro 11 tracce in un modo talmente meraviglioso che non riesco a trovare una parola che gli renda giustizia. C’è poco da fare: Dolk è un animale da palco e tutto il suo entourage non è da meno, compreso il batterista che si occupava delle seconde voci. A differenza della prima volta che li ho visti live, ieri mi sono ritrovata a uno sputo di distanza dalla band e posso dire che vederli da vicino è una cosa incredibile, anche solo osservare la mimica facciale dei componenti è stato per me uno spettacolo.
Proprio quando ormai l’ambiente si era fatto caldo e compatto, i Kampfar sono scesi dal palco lasciandomi con l’amaro in bocca per il poco tempo trascorso a suonare, ma col senno di poi posso ritenermi più che soddisfatta e aspetterò con ansia la prossima data che faranno in Italia.