È arrivata finalmente l’attesissima tappa italiana del tour dei Powerwolf e degli Epica, supportati dai Beyond the Black. Arrivati nel tardo pomeriggio al Live Club riusciamo a piazzarci comunque molto vicino all’entrata, da una parte sollevati per non dover attendere molto per entrare, dall’altra un po’ sorpresi: possibile che ci sia così poca gente? I nostri timori vengono presto spazzati via e all’apertura dei cancelli alle 19 c’è una lunga fila di metallari infreddoliti pronti a scatenarsi. Entriamo quasi subito e dopo esserci sistemati a pochi metri dal palco attendiamo l’inizio del concerto. Sul palco, dietro la strumentazione dei Beyond the Black, già si intravedono la batteria di Van Helden e le tastiere di Schlegel, nascosti da enormi drappi neri. Tra il pubblico scorgo i due ragazzi tedeschi truccati e vestiti come i Powerwolf, già visti a settembre al seguito della band tedesca.
Calano le luci e finalmente si inizia. Aprono i giovanissimi Beyond the Black, per la prima volta in Italia e con una nuova formazione costruita intorno alla cantante Jennifer Haben (con cui abbiamo avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere che potete leggere a questo link) dopo l’abbandono di tutti gli altri membri la scorsa estate. Le sonorità accattivanti e la dolce voce della cantante conquistano subito il pubblico italiano con canzoni come “Lost in Forever”, “In the Shadows” , “Hallelujah” e “Shine and Shade”, tratte dai loro due album in studio. Non li conoscevo prima di questa sera, ma li consiglio caldamente agli amanti del Symphonic Metal.
Una volta conclusa l’esibizione e dopo un veloce cambio palco,vediamo come lo stage viene subito preparato per i Powerwolf; i drappi che coprivano batteria e tastiere/organo vengono tolti, rivelando anche due maestose aquile dorate che dominano la scena. La scenografia è spettacolare, la struttura del palco e l’enorme banner sullo sfondo creano l’illusione di essere in una chiesa gotica, niente da invidiare alla scenografia vista sempre su questo palco quattro mesi fa durante lo SpazioRock Festival. La band teutonica, è risaputo, adora la teatralità e dinanzi al palco viene approntato un enorme telo nero. Sorrido, pregustandomi l’apertura del concerto. Il pubblico comincia ad accalcarsi sotto il palco, carico e pronto a celebrare la Messa Metal.
Le luci del locale si spengono e da dietro l’enorme sipario si intravedono minacciose le sagome dei lupi teutonici. La potente ed onnipresente batteria di Van Helden, l’organo di Schlegel e la tonante voce di Attila Dorn incombono sulla scena e fanno calare un religioso silenzio tra il pubblico con i primi versi (ovviamente in latino) di “Blessed and Possessed”. L’effetto è davvero quello di stare in una chiesa e al calar del sipario la Messa Metal ha inizio. Le chitarre dei fratelli Greywolf irrompono sulla scena e il pubblico si scatena, letteralmente posseduto.
Finita la prima canzone i Greywolf scompaiono dietro le quinte mentre Attila, con il suo aspro accento tedesco, arringa le sue “truppe”; pochi secondi e si riparte con un’altra canzone tratta dal loro ultimo album, “Army of the Night”. Non so come né quando Charles e Matthew Greywolf ricompaiono ai due lati del palco. Siamo solo alla seconda canzone e già manca il fiato, impossibile non cantare assieme a loro e allo stesso tempo impossibile stare dietro al ritmo incalzante delle loro canzoni. Durante l’assolo di chitarra Schlegel abbandona le sue tastiere e corre al bordo del palco, incita il pubblico, lo carica, lo esalta. Mi sorprendo a pensare a quanta energia riesca a trasmettere il membro più minuto della band con il suo enorme entusiasmo (non parliamo poi della bravura).
Ma il tempo per pensare è poco, i Lupi tedeschi non si fermano e ripartono con una carrellata di canzoni tratte dagli album “Preachers of the Night” e “Blood of the saints”. Si comincia con “Amen & Attack” seguita a ruota libera da “Coleus Sanctus”, la preferita di Attila “Dead Boys Don’t Cry”, “Sacred & Wild” e “In The Name Of God (Deus Vult)”. Il pubblico ormai è caldo, siamo a metà dello spettacolo. Cosa strana per un concerto, non ho ancora visto un pogo tra il pubblico; sarà forse che l’orrorifica melodia dei Powerwolf rapisce tutti?
Si ritorna all’album “Blessed and Possessed”, con quella che è la canzone più evocativa, “Armata Strigoi”. Attila gioca con il pubblico e lo invita a cantare con lui le note portanti della canzone, sorprendendosi del fatto che non ne viene sbagliata neanche una. “You’re fucking good” esclama. Detto ciò si riparte, il pubblico unanime che canta insieme a lupi mannari e, subito dopo “Werewolves of Armenia” , viene effettuata la resurrezione per eccellenza “Resurrectione by Erection”. Manca poco alla fine e non posso fare a meno di notare le differenze tra i fratelli Greywolf; tanto serioso e minaccioso Charles quanto bonario (per quanto reso spaventoso del trucco) ed entusiasta Matthew, che sembra addirittura commosso.
La Messa Metal dei Powerwolf si conclude con un trittico spettacolare: “Lupus Dei”, “Sanctified with Dynamite” (la canzone che aspettavo più di ogni altra) e, dopo aver bevuto da un calice dorato, Attila introduce il pezzo finale: “We Drink Your Blood”. Il pubblico canta per l’ultima volta con i Lupi, a squarciagola… Non li vogliono salutare, li vorrebbero ancora sul palco, ma purtroppo non si può, gli headliner non sono loro. I Powerwolf salutano il loro pubblico, scherzano con loro e, infine, scompaiono dietro le quinte.
E’ infine giunto il turno degli olandesi Epica, che dopo due date in Svizzera arrivano in Italia al Live Club di Trezzo sull’Adda per il tour di “The Holographic Principle” , settima fatica in studio di una band che ormai non ha più bisogno di presentazioni, essendo uno dei gruppi di punta del genere Symphonic Metal. Nell’intervallo tra lo show dei teutonici e l’ingresso degli headliner la platea si è quasi totalmente riempita e il pubblico numeroso acclama i propri idoli in trepidante attesa. Accolti calorosamente con un boato assurdo, il concerto parte con l’intro di “Eidola” e il singolo dell’ultimo lavoro “Edge of the Blade”: inizialmente il sound sembra piatto e plasticoso (forse dovuto anche al fatto di aver ancora in testa l’ottima ed egocentrica esibizione di Attila Dorn & Co., ricca di scenografia, che non è di certo una caratteristica peculiare degli Epica, ma che in seguito riveleranno alcune sorprese). Giochi di luci che si alternano in continuazione e i riflettori puntati soprattutto sulla front-woman della band, Simone Simons, che festeggia il suo trentaduesimo compleanno e pare essere molto emotiva per l’occasione. Insieme ai chitarristi Isaac Delahaye e Mark Jansen (quest’ultimo amante delle terre italiane, pare molto legato al nostro pubblico, rivelando addirittura di essere un “contadino siciliano” in quanto trascorre sovente il periodo estivo in Sicilia a casa della sua fidanzata e si dedica alla coltivazione), il tastierista Coen Janssen, altro protagonista della serata grazie alle sue esibizioni con due tastiere, una fissa con cui si muove da una parte all’altra della batteria e l’altra ricurva con cui passeggia anche fuori dal palco; non da meno sono stati il bassista Rob Van Der Loo e il batterista Arien Van Veesenbeck con le loro sequenze ritmiche interessanti: tutti quanti hanno garantito uno spettacolo davvero caloroso per il pubblico.
Il vero show si accende con “A Phantasmic Parade”, con la Simons che sfodera un’ ottima performance vocale da cantante lirica e abbraccia il potente growl di Mark Jansen e le melodie magniloquenti dell’estroso, creativo tastierista Janssen, sostenute dal robusto lavoro delle chitarre e dalle interazioni del duo Van Der Loo/Van Veesenbeck. Si prosegue fluidamente con “Sensorium”, pezzo di vecchia data che scalda ulteriormente i fan; il concerto scorre lineare e dà prova di perfetta intesa e armonia tra i membri. Gran parte dei pezzi suonati fanno riferimento all’ultimo lavoro, ma non mancano anche i classici del passato. “Divide and Conquer”, “The Essence of the Silence”, “Storm the Sorrow”, “The Obsessive Devotion”, “Dancing in a Hurricane” e la magnifica “Cry for the Moon” danno prova della forza espressiva davvero notevole propria dei ragazzi di Reuver e non mancano momenti teatrali, offerti dal già citato Coen che arriva con la tastiera ricurva fino al bancone del bar, e di interazione con il pubblico che ha del tenero (la Simons accetta un disegno da parte di una fan, che regalerà al suo bambino) . Il concerto si conclude con le monumentali “Beyond the Matrix” e “Consign to Oblivion”. Un live molto caratterizzato da espressività musicale e gran classe, in grado di catturare l’attenzione anche di coloro che li hanno seguiti poco.
Grazie a Elliott per la collaborazione