Allo Slaughter Club di Paderno Dugnano si prospetta una serata decisamente old school. Gli headliner sono infatti i Diamond Head, storica band NWOBHM, che a distanza di ben otto anni dalla sua ultima data in Italia (al British Steel Fest 2010 di Bologna), torna nel nostro paese in occasione del suo nuovo tour europeo. Un tour che ha avuto non pochi problemi: a fare da spalla avrebbero dovuto essere i britannici Gin Annie, letteralmente rimasti a piedi a causa del fallimento del loro booking agent. Per quanto riguarda le date italiane, i Gin Annie sono dunque stati sostituiti “in corso d’opera” da una serie di altri gruppi: Etrusgrave (Exenzia Club, Prato – 9/11), Run Chicken Run + Adamas (Traffic Live, Roma – 11/11), Dark Passage + Hateworld (Padiglione 14, Collegno – 12/11). In occasione della data milanese, a fare le veci del quintetto britannico sono state due band nostrane: i Venus Mountains, ed i già citati Run Chicken Run, che avrebbero poi replicato per la data di Roma.
La serata si apre con gli scoppiettanti effetti pirotecnici dei Venus Mountains, band hard rock bresciana attiva dal lontano 2008. Nonostante il limitato margine di manovra sul palco (che oltre ad ospitare la batteria delle band di spalla, deve contenere anche quella sopraelevata dei Diamond Head) ed il poco tempo a disposizione, i Venus Mountans riescono ad infiammare subito il pubblico dello Slaughter, riproponendo una serie di pezzi tratti dai loro due full-length: “Into the Jail Without the Cage“(2013) e “Black Snake“(2018).
Look un po’ street e un po’ glam, pittura fluo ad aggiungere un tocco venusiano, ed un’attitudine hard rock che non si traduce solo nell’estetica, ma ritrova piena conferma nelle chitarre grintosamente distorte e nella presenza scenica decisamente d’impatto. Seppur per certi versi distanti dal genere degli headliner, i Venus Mountains non deludono, preparandoci appieno per quello che verrà dopo.
Setlist:
In The Jail
Rock City
Black Snake
Venus Fucking Mountains
RnR Burning
Down To The Rainbow
Night Of Fire
VENUS MOUNTAINS
Attendevo con grande curiosità i Run Chicken Run, incuriosita soprattutto dal nome.
Reduce dal recentissimo “Don’t Forget The Wine“(2018), la band romana si caratterizza per il look decisamente più rustico, ma non tutto è come sembra… A dispetto del nome, che potrebbe lasciar pensare a qualcosa di giocoso ed improvvisato, i Run Chicken Run sul palco sono davvero una bomba: voce graffiante, scariche di riff potentissimi ed un tocco di basso decisamente old style, a creare un mix assolutamente perfetto per essere suonato live. Un progetto decisamente ben pensato, che a livello di voce e strumentazione sporca le atmosfere soft del blues con le sonorità più grezze dell’hard rock.
Oltre alle tracce dell’ultimo album, la band presenta anche alcuni pezzi tratti da “Open the Grill“(2016), concludendo con l’omonima traccia “Run Chicken Run“, che vede il batterista rimanere una macchina da guerra, pur suonando con una maschera da gallina in testa.
Setlist:
We’re Gonna Rock You
Rust From Space
Black Shadow
Dreaming Revolution
Final Rollercoaster
Blackout Out
Run Chicken Run
RUN CHICKEN RUN
Alle 23:30 in punto, arriva finalmente il turno dei Diamond Head. Non avevo mai visto questo gruppo dal vivo, tanto meno nella sua formazione “originale” (con Sean Harris alla voce), formazione che ha subito numerosissimi cambi nel corso degli anni, e di cui si è conservato solo Brian Tatler come membro originale. Tuttavia, quando la band è salita sul palco, mi è sembrato di essere di fronte ai “veri” Diamond Head, quelli che avevo sempre ascoltato da disco, e non avevo mai avuto la possibilità di vedere live.
La voce di Rasmus Bom Andersen è assolutamente perfetta per questa band: riesce a richiamare alla mente il sound (unico) dei Diamond Head, senza però scadere nell’emulazione o nella cover. Sensuale nella voce, provocante nelle movenze, Andersen si dimostra un leader dal carisma massacrante, capace di coinvolgere il pubblico ai massimi livelli.
Veniamo ora agli altri membri della band. Brian Tatler (a cui ho avuto il piacere di stringere la mano) è davvero formidabile: tecnicamente devastante, aggredisce il palco come se il tempo non fosse mai passato, rubando quasi la scena al frontman. Andy Abberley (chitarra ritmica) e Dean Ashton (basso) non sono da meno: Andy si coordina alla perfezione con Dean, le cui note riecheggiano potenti nella sala, cosa piuttosto insolita per il basso, che spesso rimane in sordina, ma che in questo caso viene enfatizzato alla perfezione. I Diamond Head suonano per un’ora e mezza esatta, con una scaletta decisamente improntata ai loro grandi classici: “Borrowed Time“, “Lightning to the Nations“, “Am I Evil?” ed altri pezzi tratti dai loro primi album.
Davvero un grandissimo peccato che il pubblico in sala sia stato così poco (la venue non era nemmeno al completo). Nonostante questo, i Diamond Head ci hanno regalato una performance strepitosa, aizzando il pubblico come se fossero di fronte a migliaia di persone.
Non possiamo che augurarci di vederli di nuovo in Italia, magari con un pubblico più nutrito.
Setlist:
Borrowed Time
Sweet & Innocent
Bones
Helpless
In The Heat Of The Night
Set My Soul On Fire
Call Me
Lightning To The Nations
Diamonds
Shoot Out The Lights
It’s Electric
The Prince
Am I Evil?
Sucking My Love
Streets Of Gold
DIAMOND HEAD