I Batushka sono meritatamente sotto i riflettori da un po’ di tempo ormai, complice il loro eccellente debutto “Litourgiya” uscito nel 2015. Un loro concerto è da considerare un vero e proprio evento più che una semplice esibizione live e quindi noi di Metalpit non potevamo perderci la calata italica dell’oscura band polacca nell’ambito del loro European Pilgrimage Tour Part I. In apertura troviamo i connazionali Arkona, alla serata tenutasi presso il Revolver di San Donà di Piave. Buona lettura!
ARKONA
Poco dopo aver preso posto sulla comoda balconata del Revolver, e con una buona mezzora di ritardo sulla tabella di marcia (dovuta a non meglio precisati problemi che hanno interessato l’intero tour), salgono sul palco gli Arkona. Lo storico quartetto, ormai in formazione estremamente rivisitata (l’unico membro originale è il chitarrista Khorzon), ci propone un set probabilmente più lungo di quanto pronosticato a causa della mancanza della terza band: il loro è un black metal senza fronzoli, sparato a mille per la quasi totalità del concerto, ma che proprio a causa di questi aspetti risulta essere eccessivamente piatto. Durante la seconda metà del concerto è infatti possibile scorgere sempre più persone interessate ai propri telefoni piuttosto che alla band (compreso il sottoscritto, lo ammetto). La musica riesce a ridestare il pubblico, paradossalmente, in corrispondenza dei pochi rallentamenti in cui – onestamente – la band esprime meglio il suo valore grazie alle atmosfere di sottofondo e ritmi headbang-friendly. La fine dell’esibizione è accolta purtroppo con una sorta di sollievo da parte degli astanti: un set più corto avrebbe sicuramente giovato a tutti.
BATUSHKA
La soglia dell’attenzione subisce una brusca impennata nel momento in cui il palco viene allestito per il rito che il Батюшка (termine che significa “Padre” e indica il prete nella religione ortodossa) terrà di lì a breve affiancato dagli altri sette membri, inclusi tre coristi. L’atmosfera è nientemeno che quella di una chiesa, con il pulpito e l’incenso che fin da subito si diffonde nella sala. L’introduzione alla liturgia, così come tutti i testi, è recitata in slavo ecclesiastico. L’esibizione, ad eccezione di un breve intro realizzato ad hoc per i live, ripercorre ovviamente tutto l’album, con gli otto salmi eseguiti in maniera impeccabile di fronte ad un pubblico perennemente in adorazione, complice la nostra posizione che ci regala un suono ed una visuale ideali: le chitarre estremamente ribassate risultano presenti senza essere invadenti, così come la sezione ritmica con il basso pieno, anche se piuttosto in secondo piano, e la batteria estremamente personale e variegata. Il senso di raccoglimento e di devozione è palpabile (malgrado una manciata di spettatori che decidono di raccogliersi un po’ troppo, in un moshpit decisamente inappropriato), tanto che l’esibizione scorre via senza neanche accorgersene terminando improvvisamente, lasciando un senso di vuoto in tutti noi. Il sacerdote procede quindi con le benedizioni finali, bagnando la testa dei devoti con l’acqua santa prima di abbandonare il palco insieme agli altri officianti.
Ci avviamo quindi verso l’uscita, con la sensazione di aver assistito ad un evento solenne a cui tutti gli amanti del genere dovrebbero presenziare prima o poi. Speriamo di rivederli presto, magari nell’ambito della ricca stagione di festival estivi già in larga parte delineata.