ULCERATE – Stare into Death and Be Still

Sulla qualità degli Ulcerate ormai c’è ben poco da dire. Nel corso degli anni i neozelandesi ci hanno regalato una serie di album splendidi, esempi inconfutabili di come la tecnica si possa unire a delle melodie intricate per ottenere un risultato variegato, particolare e decisamente d’effetto. Un death metal criptico, ma allo stesso stranamente accessibile, che ha nella capacità di innovarsi senza perdere di vista le proprie fondamenta il suo punto di forza.

Stare into Death and Be Still” è il sesto disco della loro carriera, primo rilasciato sotto Debemur Morti Productions, e prosegue in modo ottimale quanto lasciato dal precedente “Shrines of Paralysis”.
In fin dei conti, le caratteristiche della loro proposta non hanno subito particolari modifiche, basandosi principalmente sui riff da capogiro di Michael Hoggard e il drumming di Jamie Saint Merat, che anche in questo caso dimostra perché si può considerare tra i migliori, se non il migliore, batteristi del genere.

Diverse volte al sottoscritto è capitato di constatare come relativamente spesso il death metal più tecnico si perda in sé stesso, diventando soltanto una successione inconcludente di virtuosismi che ci mette ben poco a stancare se non trattata con la giusta razionalità. Gli Ulcerate, e questo disco come tutti gli altri da loro composti, vanno oltre. Non è technical death metal, né semplice death metal, si tratta di un ascolto ipnotico nella sua atmosfera densa, che va oltre la distinzione tra generi.
I riff sono immediati, e si susseguono non lasciando libertà per nessun attimo: mantenendo alto l’interesse anche nei momenti dagli accenni melodici, che nel corso della carriera del gruppo hanno assunto un ruolo sempre più evidente e qui dimostrano quanto possono essere funzionali nel complesso, inserendosi senza intaccare l’efficacia della proposta. Notevole, inoltre, la produzione anche dal punto di vista sonoro: come i neozelandesi ci hanno ben abituato, tutte le componenti del loro sound riescono a fondersi senza rubarsi spazio tra di loro, ma ottenendo un risultato possente.

Per quanto riguarda le canzoni in sé, la title-track e “Dissolved Orders”, che erano state rilasciate come singoli, in solitaria non rendevano tanto quanto contestualizzate all’interno del disco. Ecco come quelle sensazioni non completamente convinte (nei limiti di quanto ci si possa definire incerti dopo aver ascoltato qualcosa degli Ulcerate…) scompaiono completamente già al primo ascolto dell’intero lavoro. Nel momento in cui si inizia il viaggio all’interno di questo album si capisce quanto parlare delle singole tracce in questo caso non renda onore al vero valore del disco. Certo, i brani anche se presi da soli rimangono di qualità, ma uniti sono tutti un dettaglio di un’opera imponente, geniale, che nella scena death metal attuale ci voleva. Siamo solo ad aprile, è ancora presto per parlare di album dell’anno, però sicuramente “Stare into Death and Be Still” è un serio candidato.

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