Che cosa pensereste se vi dicessimo che la musica, così come tante altre forme d’arte, presenta ancora una miriade di orizzonti esplorabili nonostante siano già stati fondati e santificati i generi più emblematici ormai da decenni?
Probabilmente la prima reazione sarebbe quella di gridare all’esagerazione e in un certo senso sarebbe comprensibile. Purtroppo, come ben sappiamo, un pensiero molto diffuso è quello in cui viene rigidamente affermato che “ormai il più è stato fatto”. Un pensiero che smorza sul nascere la creatività e l’entusiasmo delle giovani band che invece sognano di sperimentare e mettersi in gioco, senza trovarsi davanti alcuna barriera.
Non vogliamo però passare per ingenui, sappiamo benissimo quanto possa essere difficile trovare nuove formule di successo oggigiorno. Avere ispirazioni innovative, originali e appartenenti agli anni che stiamo vivendo non è cosa semplice ed è forse proprio quello che sta mancando da ormai troppi anni.
C’è chi si rassegna a questa mancanza, poi ci sono gli Amaranthe.
La band di Göteborg nasce nel 2008 dalle menti del chitarrista Olof Mörck (Dragonland, Nightrage) e del cantante Joacim “Jake E” Lundberg (Dreamland, Dream Evil), ma solo con l’ingresso di Elize Ryd il progetto prende forma con uno scopo ben preciso: stravolgere ogni limitazione delle sonorità già note unendo l’eclettica tecnica compositiva con una forma d’intrattenimento diretta e immediata.
Nel 2011, il debut album “Amaranthe” portò il gruppo svedese all’esplorazione degli universi del metal estremo e dell’elettronica dance per aprirsi la strada verso l’invenzione di un nuovo stile d’approccio, incorporando i due macrocosmi tradizionali e ben contraddistinti per raggiungere coraggiosamente orizzonti musicali ricercati e sofisticati, dove nessun altro gruppo metal ha mai avuto luogo.
Le pubblicazioni successive furono un’ascesa ben strutturata e decisa che portarono gli Amaranthe a consolidare sempre in maniera più definita quello che oggi è diventato il loro sound caratteristico: una combinazione di sonorità metalcore, riff di chitarra tipicamente heavy, parti di voce pulita, ritornelli e linee vocali molto catchy e pop con l’aggiunta di synth ed elettronica. “Manifest” è l’ennesimo passo nell’evoluzione dei Nostri e secondo disco dell’attuale formazione.
La genialità di Olof Mörck unita alla prodigiosa prestazione di Elize Ryd e dei suoi co-vocalist, Henrik “GG6” Englund Wilhelmsson e Nils Molin (la recluta più recente) sforna “Fearless”, un’opener track potente, precisa, melodica ed incisiva con riff e basi elettroniche infallibili, da fare invidia ai migliori compositori metal e non solo.
Una marcia militare in stile Sabaton apre “Make It Better”, caratterizzata da un ritornello cristallino e solare in contrapposizione ai growl minacciosi sempre più tecnici e calibrati del buon GG6, senza nulla togliere alle parti pulite di Nils, sempre più a proprio agio nel progetto svedese.
L’improvviso e geniale intramezzo dance di “Scream My Name” strappa un sorriso molto più che gradevole grazie anche della splendida forma di Morten Løwe Sørensen dietro le pelli che garantisce ritmi alti e adrenalinici per tutta la durata dell’album.
“Viral”, singolo e video uscito post lockdown, esprime divinamente il disagio straziante che tutti noi abbiamo vissuto in quelle maledette settimane di quarantena, sottolineando le difficoltà che gli artisti di tutto il mondo ancora oggi stanno affrontando.
Gli assoli di chitarra brevi ma funzionali in “Adrenaline”, i giri di basso di Johan Andreassen in “The Game” e le splendenti orchestrali di “Crystalline” aggiungono qualità a brani che sono tutt’altro che riempitivi, mantenendo alto il sound multidimensionale della band.
GG6 e Nils fanno spazio a Noora Louhimo (Battle Beast) come ospite speciale in “Strong” che, spalleggiando con Elize, ottiene una colorazione musicale potente quanto epica, sorprendente e senza precedenti.
In “Archangel” e in “Die And Wake Up” il gruppo torna a pieno regime in un’esuberante turbina d’energia senza sbagliare mezzo colpo, mentre “BOOM!1” è una vera e propria mina antiuomo che vede protagonista la miglior performance di GG6 mai fatta sino ad ora, evidenziando tutte le sue doti con un extrabeat letteralmente mozzafiato. Senza ombra di dubbio uno dei brani più pesanti e stravolgenti che la band abbia mai composto, a tal punto da farsi prendere la mano pure dall’elegante Elize Ryd con un simpatico tentativo di growl incredibilmente ben riuscito.
“Do Or Die” chiude i battenti come meglio non si poteva. Abituati a sentirla nella versione del singolo con Angela Gossow (Arch Enemy) in duetto con Elize, troviamo qui invece una versione con Nils e GG6 come vocalist principali e, se da un lato sembra essere meno caratteristica, dall’altro ci rendiamo conto come i due ultimi arrivati stiano trovando sempre più genuinamente il loro spazio all’interno del gruppo, confermando quella che è a tutti gli effetti la miglior formazione che la band abbia mai avuto.
Con l’ingegno, il talento e la professionalità che hanno maturato e solidificato album dopo album, i nostri beniamini continuano a conquistare sempre più fan da tutto il mondo e provenienti da attitudini musicali di ogni dove. “Manifest” rappresenta il punto più alto raggiunto ad oggi da Olof e compagni che lasciano il segno con un capolavoro carismatico, elettrizzante, diretto e potente. Alzate il volume, allacciatevi le cinture e preparatevi a salire sulle montagne russe degli Amaranthe.
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