La prima delle due serate del SUMMER DAYS IN ROCK, organizzato presso il Festival di Majano (UD), ha visto protagonisti gli ARCH ENEMY, capitanati dalla carismatica Alissa White Gluz e i vichinghi AMON AMARTH. Non serve nemmeno dire che è stata una serata memorabile.
Dopo lunghe peripezie (causa incidente a Trieste), in circa due ore riesco a raggiungere finalmente Majano per le 20.30. Mi stupisco di non vedere molta gente – infatti riesco comodamente a farmi spazio tra le primissime file. Alle 21.00 precise l’intro “Tempore Nihil Sanat” degli ARCH ENEMY si amalgama all’atmosfera al chiaro di luna, seguito dall’apparizione dei vari membri della band che intonano il nuovo singolo “The World is Yours”, tratto dall’album “Will to Power” in uscita l’8 settembre 2017. Come sempre Alissa White-Gluz riesce ad avere una presenza scenica imponente, facendo quasi svanire gli altri componenti. Il pubblico, anche se non molto (infatti arrivava all’altezza del fonico), è partecipe e riesce a farsi sentire. Soprattutto nelle canzoni successive che riescono a riportarci al passato, quando un tempo c’era ancora Angela Gossow, come ad esempio “Nemesis”, “Revenous” e la mia preferita “My Apocalypse”. Il tutto bilanciato da brani più recenti tratti dall’album “War Eternal” (2014): “As The Pages Burn”, “You Will Know My Name”, “War Eternal”. Una performance eccellente da parte della band svedese, che purtroppo finisce fin troppo presto – dopo meno di un’ora.
A malincuore salutiamo gli ARCH ENEMY dopo la tradizionale foto ricordo, e subito il palco inizia ad essere allestito per gli headliner.
ARCH ENEMY
Il processo di allestimento dura circa mezz’ora, in cui vediamo crescere man mano i dettagli. Poi si spengono le luci, un telo nero viene sollevato dalla batteria rivelando un maestoso elmo vichingo, ed è subito tempo degli AMON AMARTH con “The Pursuit of Vikings”, seguita da “As Loke Falls” per arrivare alla più recente “First Kill”. L’atmosfera è incredibile, non manca nulla. E non bisogna attendere molto che si intravedano i primi Wall of Death e circle pit nelle file più indietro. In più, il cantante Johan Hegg si destreggia benissimo con l’italiano rivolgendosi al pubblico facendo il burlone. Per introdurre “Raise Your Horns”, si scola un intero corno di (presumibilmente) birra. La performance prosegue al top, con tanto di fumi e la presenza di due combattenti sul palco per “The Way of Vikings”, quella di Loki in “Father of The Wolf” e quella del serpente Jǫrmungrandr per il pre-finale in “Guardians of Asgaard”, dove il cantante utilizza il martello di Thor per sconfiggerlo. Dopo una quindicina di brani, è giunto il momento del finale “Twilight of The Thunder God”, il tutto accompagnato da numerosi ragazzi che si fanno sollevare sopra le nostre teste.
Uno spettacolo incredibile! Le uniche due perplessità che posso permettermi di rivolgermi alla performance degli AMON AMARTH sono state: il non utilizzo dei fuochi e degli effetti pirotecnici, che creano molta più epicità allo show in stile vichingo (fatto non imputabile ne alla band ne all’organizzazione) e alcune piccole imperfezioni a livello fonico. Infatti, non sono stata l’unica ad accorgersi che verso metà concerto è stato aumentato considerevolmente il volume dei bassi e abbassato quello della voce.
In più, è stato un vero peccato non vedere molta partecipazione di pubblico, dato il calibro e la notorietà di queste due band internazionali. In generale, però, è stato un concerto fantastico!
AMON AMARTH