Per la prima volta, il festival trevigiano Suoni di Marca decide di ospitare sul main stage band un po’ più spinte e dure musicalmente come Lacuna Coil e Black Motel Six, in un bill che prevede nelle varie giornate artisti come Francesco Gabbani e Bandabardò, per citarne alcuni.
Ad aprire la serata, una band di ragazzi giovanissimi, vincitori del contest Rumori Strani Evolution 2016, i The Meat Cabbage. Il quintetto propone materiale inedito che spazia tra l’alternative, il grunge ed il prog rock. Il frontman Enrico non nega la propria emozione per essere su quel palco e la esprime saltando e incitando l’ancora scarso pubblico, seguito a ruota dal bassista Dario. I due chitarristi forse erano troppo intimiditi, non hanno dato grosso spettacolo. Suonando solo 3 pezzi, sono comunque riusciti a conquistare qualche nuovo fan, di sicuro una band da tenere sott’occhio in futuro.
Un po’ più di tempo viene lasciato alla band successiva, i Zagreb. Il quartetto gioca in casa, essendo nato e cresciuto nella marca trevigiana. Portano pezzi indie/rock in italiano, tratti dal loro primo e per ora unico disco “Fantasmi Ubriachi”. Riescono a creare un’atmosfera molto intensa ed intima, ma distante da quella che mi sarei aspettato come opening act dei Lacuna Coil. In ogni caso, l’area di fronte al palco si è riempita già di più e il pubblico (in realtà più habitué del festival e curiosi che metallari) sembra apprezzare il materiale di questa band.
Il microfono passa alla prima vera band metal della serata e l’aria si scalda: da Roma arrivano i Black Motel Six. Non hanno paura di essere prima di una band grossa come i Lacuna Coil e a colpi di groove conquistano lo stage e i fan. Hanno una grinta pazzesca, ognuno dei membri ha la propria da dire, che sia un assolo emozionante, una ritmica da headbang molesto, o un growl che viene dagli inferi. Cercano il contatto con il pubblico ma lo riscontrano solo tra le prime file, l’invito al moshpit viene bellamente declinato dal pubblico di quasi solo curiosi di cui accennavo prima. Spero vivamente di rivederli presto, magari in una venue che renda giustizia al loro stile.
Dopo aver liberato il palco, viene issato il banner degli headliner, i Lacuna Coil. Trucco da scheletri per i musicisti Marco, Ryan e Diego, camicie di forza insanguinate per Cristina e Andrea. La band è quasi al termine del tour europeo di supporto a “Delirium”, il loro ultimo album, ma non sembrano sentire la stanchezza e regalano una buona ma non ottima performance: la frontwoman Cristina sta pure venendo fuori da una brutta bronchite, ci racconta. I pezzi suonati fanno una carrellata della carriera della band come “Spellbound“, “Our Truth“, “Delirium“, “Heavens’s A Lie“ e “Blood, Tears, Dust“, facendo contenti i vecchi ed i nuovi fan che cantano a squarciagola durante la cover di “Enjoy The Silence“. Peccato che la formazione ed i suoni non abbiamo reso giustizia ai pezzi, mancava spesso la grinta anche se sopperita dalla bravura di Cristina Scabbia: pecche che non sembrano aver dato troppo fastidio al pubblico in “delirio” (scusate il gioco di parole). Nota di merito per il bassista Marco, che nonostante un problema allo strumento non si fa prendere dallo sconforto, porta a casa il live e regala numerosi plettri ai fan, e ulteriormente per la Scabbia, che non manca di scherzare sulle sue origini venete e tenendo sempre alta l’attenzione del pubblico.
È stata una serata calda e molto interessante, ho davvero apprezzato come la fusione di stili musicali diversi sul palco e di gusti tra il pubblico non sia stata troppo eterogenea ma alla fine ben integrata, complice secondo me la gratuità del concerto.