La scena black metal olandese di certo non eccelle per la sua notorietà; eccezion fatta per una manciata di nomi con un seguito degno di nota, infatti, nei Paesi Bassi la fiamma nera è spesso relegata all’underground. In ogni caso, le realtà meritevoli sono numerose, e specialmente negli ultimi anni le attenzioni si stanno concentrando anche su questa nazione che, nel suo piccolo, ha molto da offrire. Una progressiva crescita, partita dalle uscite disparate tra fine anni ‘90 e inizio ‘00, per arrivare a una comunità più florida e variegata ai giorni nostri.
L’intento di questo editoriale è quello di racchiudere dieci album black metal di gruppi olandesi. Vengono toccati diversi sottogeneri e i gruppi presi in considerazione sono sia realtà relativamente di spicco nel complesso che altre molto meno conosciute. L’intento non è quello di fare una sorta di classifica (infatti i dischi vengono nominati in ordine cronologico dal più datato al più recente, e non ordinati per merito), ma di valorizzare una scena musicale la cui evoluzione sta portando a dei risultati degni di nota.
Cirith Gorgor – Onwards to the Spectral Defile (1999)
Proprio agli sgoccioli dello scorso millennio è arrivato il debutto dei Cirith Gorgor, un disco energico e aggressivo che non disdegna passaggi velatamente melodici, nello stile di altre realtà come Enthroned, Dark Funeral e Naglfar. Peccato, però, che non sia arrivato il successo ottenuto da queste altre band, difatti la band è sempre rimasta in sordina, vuoi per degli altri lavori non altrettanto convincenti o per una proposta non particolarmente innovativa. In ogni caso, “Onwards to the Spectral Defile” è uno dei primi classici del black metal olandese, e non a caso è uscito per Osmose Productions, etichetta che dai primi anni ‘90 ha sempre offerto metal estremo di qualità. La carriera dei Cirith Gorgor è continuata fino allo scorso maggio, quando hanno deciso di sospendere momentaneamente le attività. La loro discografia al momento conta altri sei album, tra cui ci sono altri lavori interessanti, ma nessuno è stato in grado di toccare i livelli di questo sorprendente debutto.
Urfaust – Geist ist Teufel (2004)
Gli Urfaust sono a mani basse una delle formazioni più seminali e meglio note nel panorama estremo olandese, e considerevole parte del loro attuale successo (che comunque non li ha fatti uscire da un panorama e una proposta puramente underground, seppur capace di innovarsi col tempo) è dovuta al loro album di debutto, “Geist ist Teufel”. Qui l’interpretazione del black metal è completamente diversa, non più concentrata sull’aggressività ma totalmente devota a un’atmosfera criptica, con i settori ambient che la rendono ulteriormente oscura. L’ascolto procede lento e disturbante, spiazzando completamente. Il disco non è per tutti, però è un classico se si guarda a questo tipo di proposta dalle atmosfere anguste.
Irrwisch – Irrwisch (2008)
Solitamente le demo con cui debuttano i gruppi sono solo delle limitate presentazioni della loro musica, talvolta per la durata risicata, altre volte per la qualità ancora acerba, se non per entrambi gli aspetti, e si aspetta almeno il primo full-length per poter dare un giudizio più mirato. Tra le varie eccezioni, c’è la demo omonima degli Irrwisch, che si potrebbe considerare come un vero e proprio album di debutto per qualità e durata. Purtroppo al potenziale che esprime non è stato ancora dato un seguito, se non per un EP 7” del 2014, e il silenzio che continua a pervadere non fa ben sperare, anche se la band continua ad apparire, almeno sulla carta, ancora in attività. Non ci resta che immergersi nelle atmosfere di questo disco, decadenti ed efficaci, per quanto essenziali, e talvolta tendenti al depressive black metal. Per quanto la speranza sia l’ultima a morire, ormai è improbabile un ritorno degli Irrwisch, e dispiace parecchio. Chissà come sarebbe la loro proposta con maggiore maturità e personalità. In ogni caso, demo da riprendere; non sarà la più influente, ma è certamente una perla nascosta dell’underground olandese.
Zwartplaag – Haatstorm (2010)
Ora le atmosfere evocative sono solo un vago ricordo; regna la rabbia, la sfacciataggine del black metal nella sua accezione più iraconda, di chiaro stampo scandinavo. “Haatstorm” è l’unico full-length rilasciato dagli Zwartplaag, il seguito di quattro demo e l’ultimo capitolo della loro carriera, se non per uno split rilasciato l’anno seguente, lo stesso dello scioglimento. Pura cattiveria e nessuna eccezione, un attacco frontale di livello costante per la sua ora scarsa di durata.
Dodecahedron – Dodecahedron (2012)
L’irruenza rimane, ma si unisce ad atmosfere infauste e scelte musicali dissonanti e scabrose, in questo caso. Avrei potuto citare i Dodecahedron anche per il loro secondo album, “Kwintessens”, uscito cinque anni dopo, ma un disco di debutto così completo e devastante è difficile da trovare. La band è dedita a un black metal dai netti richiami avantgarde, che vanno a costellare l’intero lavoro di passaggi spiazzanti e contorti, rendendo il risultato finale un tripudio di melodie e riff difficile da assimilare, ma spiazzante. Il lavoro non è certo tra i più semplici a cui approcciarsi, ma è notevole per chi non si perde nella sua poliedricità. Ora la band si è sciolta, ma dalle ceneri di questo progetto il leader M. Nienhuis ha fondato gli Autarkh, il cui primo album dovrebbe uscire l’anno prossimo per Season of Mist.
Wederganger – Halfvergaan ontwaakt (2015)
Un altro gruppo che, purtroppo, si unisce alle formazioni che hanno cessato di esistere citate nell’articolo sono i Wederganger, qui chiamati in causa con il loro unico full-length, “Halfvergaan ontwaakt”. Tutti i pezzi seguono il medesimo lietmotiv, un attacco lento e doloroso, che lascia in trance tra spietati midtempo e un cantato che spesso utilizza dei toni in pulito molto bassi, uniti a uno scream acerbo per un connubio molto profondo ed evocativo. Viene rivitalizzata la rabbia primordiale del genere, mediata tra influenze vicine al doom e al black n’ roll.
Iskandr – Euprosopon (2018)
Iskandr è una one-man band tra le punte di diamante nell’underground olandese odierno, considerando le formazioni ancora in attività. “Euprosopon”, suo secondo album, è esemplificativo delle atmosfere anguste in grado di creare, che si legano ai temi profondi trattati, riguardanti l’impossibilità dell’esistenza dell’uomo ideale in contrasto con la necessità di formulare concezioni eroiche, specialmente in quest’era dove si viene costantemente svalutati. Un disco senza compromessi, solido e dritto al punto, dallo stile abbastanza classico senza disdegnare dei vaghi rimandi al viking metal e dei passaggi in acustico ben contestualizzati.
Turia / Fluisteraars – De Oord (2018)
Anche Turia e Fluisteraars sono un must se si vuole approfondire la scena olandese più recente, e sono stati in grado di dimostrarlo anche in questo split datato 2018. Arrivato per entrambi dopo la pubblicazione di due album, il lavoro offre un inedito per gruppo, entrambi dalla durata considerevole che si aggira attorno al quarto d’ora. Le visioni musicali dei due gruppi sono diverse, ma accomunate da un elemento essenziale: entrambe offrono un black metal personale in cui si possono identificare. I richiami ad altre realtà ci sono, ma rimangono sempre moderati. Dal punto di vista stilistico, abbiamo i Fluisteraars con la loro proposta in cui grande importanza viene data alle incursioni melodiche, con un costante midtempo che talvolta si avvicina a influenze post metal. Per quanto riguarda i Turia, invece, cambiano decisamente le carte in tavola. La schiettezza è maggiore, specialmente per l’atmosfera opprimente che si crea.
Nusquama – Horizon ontheemt (2019)
Negli ultimi la scena olandese sta fornendo numerose sorprese, con diverse realtà che son venute alla ribalta, anche condividendo diversi membri. Tra di loro, meritevoli di citazione sono i Nusquama, che vedono tra le loro fila musicisti attivi anche coi già citati Fluisteraars, Iskandr e Turia, oltre che altri gruppi quali Laster, Imperial Cult e altri. “Horizon ontheemt” è al momento il loro unico album, e mette in mostra una proposta davvero intrigante, che segue lo stile che caratterizza le altre formazioni connazionali di cui abbiamo già inquadrato lo stile, ma non ne è affatto una reinterpretazione fine a se stessa. Per tutto l’ascolto l’atmosfera è caratteristica, talvolta satura di rabbia, in altri momenti più onirica, ma comunque gelida, con i riff e le parti vocali indemoniate che ci mettono ben poco a entrare in testa.
Verwoed – De Val (2019)
Torniamo a parlare di progetti solisti e anche in questo caso prendiamo in considerazione un album di debutto. “De Val”, primo lavoro della creazione di Erik B., si discosta dal filone di gruppi appena citati, con uno stile che strizza l’occhio alla scena francese, ma questi paragoni risultano poco efficaci in questo caso. Difatti non è un lavoro che si può descrivere semplicemente con un “simile a…”, il suo punto di forza risiede nella varietà che permea l’ascolto e raggiunge il culmine nel brano finale, “Verder van het licht”, dove è presente anche la curiosa partecipazione di Ryanne van Dorst, cantante dei Dool. Un lavoro dalla durata limitata, poco superiore alla mezz’ora, ma che nelle sue cinque tracce nasconde molte sorprese.