Per chi non li conoscesse, i Firewind sono una power metal band greca, formata nel 1998 da Gus G (Ozzy Osbourne, Nightrage, Arch Enemy). Dopo aver registrato un demo negli Stati Uniti con alcuni amici decisero il nome del progetto che doveva servire per far conoscere l’abilità di Gus con la chitarra, nel tentativo di ottenere un vero contratto discografico. Dopo l’ottima pubblicazione “The Premonition” del 2008, varie date live, tour in supporto a band come Kamelot e Queensryche, nel 2010 la band sforna un altro ottimo lavoro, chiamato “Days Of Defiance”. Da molti è ritenuto uno dei dischi di maggiore successo e di rilevante maturazione musicale della band, pubblicato con un’ottima tempistica, a solo 2 anni dal precedente. Oggi, a distanza di 10 anni, il disco suona ancora fluido, potente e deciso come in quel lontano, ma non troppo 2010; anno in cui io stesso conobbi la band ed assieme ai Dragonforce mi innamorai del loro genere. Composto da voci squillanti, assoli di tastiere decisi e fulminei, ritmiche che pestano dalla prima all’ultima canzone, senza tralasciare la melodia e l’orecchiabilità … questo è un lavoro che, negli ultimi 10 anni ha trovato pochi rivali, per citarne alcuni: Angra – “Aqua”, Secret Sphere – “Portrait Of A Dying Heart” e Trick Or Treat – “Flames Of Heaven”. Noi di Metalpit lo abbiamo recensito, riascoltandolo a un decennio di distanza dalla sua uscita. Buona lettura!
Le mie opinioni riguardo il genere non sono cambiate da quando ho ascoltato per la prima volta questo disco, quando si tratta di qualcosa di veramente innovativo nel power metal lo apprezzo molto, perché ad oggi, anche se ascolto ancora questo genere, una buona parte di questo mondo finisce per essere lo stesso cattivo piatto servito due volte, ma tranquilli, non è questo il caso. Fin dalla traccia di apertura “The Ark Of Lies” le chitarre e il basso sono in perfetta armonia, le note colpiscono le orecchie dell’ascoltatore come degli schiaffi alla Bud Spencer, il suono della batteria è preciso e chiaro ed il cantante Apollo si svela essere una delle voci più sottovalutate del power metal moderno. La traccia seguente, “World on Fire“, permette al singer di usare la sua voce fenomenale a pieno effetto, è diventata una delle hit di maggiore successo della band, un pezzo con la P maiuscola che non tralascia nulla al caso. Si possono sentire scorrere nelle proprie vene tutte le note, dalla prima all’ultima, come una flebo, e il tutto diventa letteralmente droga pura per qualsiasi amante del genere o della band. Da notare il video che è qualcosa di devastante a livello visivo.
La violenta “Chariot” parte come un missile e distrugge tutto, un brano power all’ennesima potenza, anche qui Apollo dà il massimo per quanto riguarda le tonalità alte, ed in più abbiamo un assolo interessante di Gus, non bisogna lasciare nulla al caso! Immortali i giri di tastiera che introducono “Embrace the Sun“, ricordano molto gli Europe, una canzone che fa un ulteriore passo avanti, essendo positivamente lenta rispetto al resto del disco, ma dando prova di una maturazione artistica della band. Il ritornello è coinvolgente, molto melodico e finito il primo ascolto schiaccerete replay. Ne sono sicuro.
“Cold As Ice” è una di quelle canzoni che non si dimenticano tanto facilmente, diversa dalle altre, forse un po’ più “pop” rispetto alle classiche della band, ma in fin dei conti apprezzabile. Mentre “Heading For The Dawn” è un brano martellante, con una base ed una rimica basso/batteria decisa, con tonalità power direttamente dagli anni ’90. La voce abbastanza squillante da cui è composto mi ricorda vagamente i primi Stratovarius. L’assolo è uno dei più belli del disco, tecnico e composto da chitarra e tastiera. Ottimo lavoro!
“Broken” è una power balla classica, composta da riff semplici, ritornelli profondi e pieni di armonia. C’è anche spazio al virtuosismo puro nella strabiliante strumentale “SKG”, che è l’ennesima cartella in faccia, un pezzo che va direttamente nella top 10 della band, con un binomio chitarra/tastiera molto coinvolgente ed allo stesso tempo melodico, da sottolineare che Bob e Gus non si perdono in note inutili, ogni cosa è al proprio posto, non esiste il troppo che stroppia. Un finale coi fiocchi, una scarica adrenalinica composta da “The Yearning”, “When All Is Said And Done” e “Riding On The Wind” che fanno sì che questo lavoro sia distruttivo e faccia gridare i fan fino all’ultimo ogni singola nota, questi pezzi risultano una manciata di pugni in faccia per concludere al meglio questo massacrante disco power.
Apprezzo molto Apollo e le sue performance vocali, che pur non essendo il migliore del mondo, sia in live che in studio, dà sempre il massimo e riesce a coinvolgere l’ascoltatore con quella sua estensione vocale potente ed invitante. Se ad oggi dovesse uscire un disco così penso che lo comprerei immediatamente, e lo ascolterei in loop per giorni e giorni, non è un disco perfetto, ma c’è molto buon materiale e poca roba da scartare, che di questi tempi… Se dovessi dare un voto a questo album meriterebbe l’8 pieno.
Assolutamente da non dimenticare: l’artwork spaziale ed energetico che porta nell’immediato l’ascoltatore su un altro pianeta senza nemmeno aprire il disco e poi la presenza di diverse bonus track, tra cui la cover dei Judas Priest, di cui Gus ne è un grande fan, con “Breaking The Law“.
In questo strano e triste 2020 il disco ha compiuto 10 anni, non resta altro che comprarlo se non lo avete ancora, ascoltarlo a tutto volume e consigliarlo a tutti gli amanti del genere! Non ho altre parole, quando c’è la sostanza le parole non servono.