Venerdì 8 giugno abbiamo avuto l’occasione di rivedere gli Scorpions, la mitica rock band di Hannover che è stata ed è ancora oggi un importantissimo tassello nella storia della musica. In una temporalesca serata, ci siamo spinti ancora nella capitale slovena, Ljubljana, per assistere ad una delle prime date dell’ultima leg del Crazy World Tour. Originariamente il concerto doveva svolgersi lo scorso dicembre, ma è stato posticipato per una laringite del cantante Klaus Meine.
Ad aprire il concerto troviamo gli Stray Train, una rock/blues band locale nata nel 2015 di cui abbiamo già recensito l’ultimo album “Blues From Hell… The Legend Of The Courageous Five“, che sta avendo un crescente successo in Slovenia ed è reduce, tra gli altri, da alcuni concerti in Russia in apertura ai Nickelback. Peccato che la non perfetta equalizzazione iniziale del suono e un rimbombo pressochè perenne, dovuto probabilmente alla nostra posizione e all’acustica dell’arena, non ci fanno apprezzare in pieno le potenzialità della band slovena che, dopo 25 minuti di concerto, saluta il proprio pubblico. A giudicare dalla reazione e dagli applausi, la gente ha molto apprezzato il loro spettacolo.
Alle 21 in punto è il momento degli Scorpions. Il grande drappo con il logo della band che copre il palco si stacca e i tedeschi entrano in scena con “Going Out With A Bang“. Dall’ultima volta che li ho visti live la band non ha pubblicato nuovi album, quindi già mi aspettavo un concerto fotocopia della volta scorsa, tranne per una differenza… e che differenza. Dietro le pelli, a sostituire il batterista di lungo corso della band James Kottak, troviamo Mikkey Dee, lo storico batterista dei Motörhead. Forse non così vanaglorioso e protagonista come il suo predecessore, ma in ogni caso Dee si è amalgamato alla perfezione allo stile e alla potenza della band.
Ma andiamo con ordine: dopo l’apertura con il botto, è il momento di “Make It Real“. Sui megaschermi posti tutto intorno al palco si illumina una bandiera slovena, tra l’ovazione del pubblico (il trucchetto nazionalistico è usato dalla band in ogni Paese visitato). Un gioco di video, con le silhouette dei musicisti proiettate sopra la bandiera che sventola, completa la magia. “Is There Anybody There” porta a termine l’introduzione del concerto, con la prima brevissima pausa, durante la quale Klaus Meine prende la parola e salutando i presenti si scusa dell’annullamento di dicembre (scuse che ripeterà altre due volte nel corso lo show, il che dimostra quanto gli sia stato difficile dover rinunciare).
Durante il brano successivo, “The Zoo“, Meine si diletta con il lanciare le bacchette della batteria. Credetemi, ne avrà scagliate una trentina verso un pubblico festante che saltabeccava per accaparrarsi l’agognato ricordo. Dall’altro lato del palco invece, il chitarrista Matthias Jabs si accingeva a eseguire assoli supportato da un talkbox. Come in ogni show che si rispetti, non poteva mancare il momento nostalgia e la band ci propone un medley di brani degli anni ’70 con “Top Of The Bill / Steamrock Fever / Speedy’s Coming / Catch Your Train“, mentre gli schermi che occupano tutta la lunghezza del palco si trasformano in amplificatori Marshall con testata e cassa che, nonostante creati da non proprio settantiani LED, aiutano a immedesimarsi un po’ in quell’ambiente vintage e puro che ormai manca nella maggior parte dei concerti moderni (Slayer con il loro muro di Marshall esclusi). La hit “We Built This House” e “Delicate Dance“, ci trascinano verso un nuovo medley, questa volta acustico, con “Follow Your Heart / Eye of the Storm / Send Me An Angel“. La band si sposta tutta sulla pedana esterna del palco, con gli strumenti acustici. Una piccola batteria viene predisposta per Mikkey Dee e lo spettacolo ha inizio.
Con la gente ancora ammaliata dall’esibizione acustica ecco il momento di uno dei brani più iconici dei Scorpions, “Wind Of Change“. Durante il ritornello del soave ma potente capolavoro, che nei tempi passati avrebbe illuminato l’arena con la luce calda di migliaia di accendini ora sostituiti da freddi schermi di cellulari, Meine porge l’asta del microfono verso il pubblico e l’arena diventa una voce unica che intona le magiche note del brano. Il tempo scorre inesorabile e dopo altri due pezzi c’è il momento dell’assolo di batteria di Mikkey Dee. La piattaforma della batteria inizia a sollevarsi quasi fino all’altezza del soffitto e l’ex Motörhead sfoggia tutta la sua tecnica ritmica, mentre sui megaschermi appaiono in successione le copertine di tutti i dischi della band teutonica a commemorazione della più che cinquantennale esistenza della band.
Il concerto sta volgendo al termine, si accendono le sirene della polizia ed è il momento di “Blackout“, con Rudolf Schenker che finalmente può mettere in mostra la sua chitarra con fumogeno annesso. Si potrebbe scrivere un capitolo intero sulla tammarraggine e sulle chitarre di Schenker, prima tra tutte la Gibson Flying V color grigio Mercedes con logo della casa automobilistica incastonato, ma non è questo il luogo. “Big City Nights” termina il concerto e la band resta sul palco per salutare il pubblico per poi andarsene. Mancano però all’appello due dei brani più attesi della serata, “Still Loving You” e “Rock You Like A Hurricane“, e dopo qualche minuto la band al completo ritorna sul palco per eseguirle in un tripudio generale.
È arrivato il momento di trarre le conclusioni di