REGARDE LES HOMMES TOMBER – Un black metal tutto nostro, tra miti antichi e nuove storie

by Chiara Simonetta

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In occasione dell’uscita del loro nuovo album, “Ascension”, abbiamo avuto l’occasione di contattare per un’intervista i Regarde Les Hommes Tomber che, con il loro terzo full-length, mirano a collocarsi in alto sulla scena black metal europea, proponendo un black metal dal sound unico e lavori decisamente meritevoli. Di seguito la nostra conversazione con il cantante T.C.

Ciao ragazzi, grazie per il tempo che ci dedicate in questa intervista. Come primissima domanda, vi chiederei di presentarvi e parlarci un po’ di voi, del perché avete deciso di chiamarvi così e della vostra formazione.

Potremmo tradurre “Regarde les Hommes Tomber” come “guarda gli uomini cadere”, che è la tematica generale che ruota attorno alla band: la devozione a Dio e, successivamente, il rifiuto, la difficile relazione tra la luce divina e l’umanità, la caduta dalla grazia dei Cieli. Tutti i nostri testi si riferiscono alla mitologia biblica. È stata un’evoluzione lenta e costante per noi sin dalla nostra formazione (2012), e siamo profondamente orgogliosi di tutto ciò che abbiamo costruito in questi anni, facendo un black metal tutto nostro.

Il vostro stile è molto vario ed eterogeneo. In termini più generali, come potreste definire la vostra produzione generale? Quali generi e band vi ispirano maggiormente? Avete tutti voi interessi differenti e potreste dire che il risultato è l’unione delle vostre preferenze personali?

Potrei definirlo come un affresco impressionista. I Regarde Les Hommes Tomber sono una band composta da amici con gusti diversi, il che, penso, è un vero punto di forza. Alcuni di noi provengono dal black metal puro, altri amano il doom, persino il gothic rock… Non crediamo che un musicista debba ascoltare solamente un genere specifico, ed è per questo che la nostra musica è un mix di varie influenze. Crediamo nel potere di questa diversità per creare un sound unico. Non abbiamo influenze “dirette”, ma la nostra musica potrebbe ricordare band quali Drudkh, Amenra, Sargeist, Mgla, Dead Congregation, Forteresse, etc… Band molto differenti, ecco. Noi creiamo la nostra musica senza pensare a un modello, cerchiamo solamente il mezzo migliore per esprimere i nostri concetti. Quando ci mettiamo a comporre, non vogliamo essere limitati da confini che potrebbero fermarci, vogliamo solo tirar fuori qualcosa di intenso e spontaneo.

Ora, vorrei entrare nello specifico e focalizzarmi su “Exile” e “Ascension”, due album strettamente collegati sul piano tematico, come si evince leggendo i testi. Da dove nasce l’idea di questo concept? In quali termini “Ascension” può considerarsi il seguito di “Exile”?

“Ascension” chiude la trilogia e sì, hai ragione, è strettamente collegato a “Exile”. Henoch, un nostro amico, ha scritto tutti i testi. I primi due album su focalizzano su un punto principale: la caduta degli uomini, rigettati e torturati da Dio, nonostante la loro devozione e il loro amore per il divino. Essi dipingono sia questa caduta, sia la nascita di una consapevolezza che porta gli uomini a rifiutare Dio e tutti i principi di adorazione durante l’esilio, per diventare, alla fine, dèi di se stessi e per “sedere su questo trono”, come dice l’ultima canzone di “Exile”. I testi dei primi due album erano estremamente vicini alla “teologia classica”; sono un po’ differenti invece quelli di “Ascension”: questa è una creazione originale, una storia del tutto nuova, un nuovo mito. Il prisma delle storie bibliche è così vasto che ogni cosa può essere immaginata, e questo è pazzesco…! Henoch ha fatto tutto di suo pugno, scrivendo un’appassionata e profonda storia filosofica, aiutato dai miti antichi. Ma non voglio anticipare nulla, spetterà all’ascoltatore andare a fondo.

“Ascension” è stato pubblicato cinque anni dopo “Exile”; questo aspetto fa pensare a un lavoro più lungo e più ragionato. Quali sono le principali differenze rispetto ai due precedenti album? E com’è stato passare sotto al Season of Mist? Questa novità ha influito in qualche modo sul vostro lavoro?

Abbiamo fatto molti show sin dall’inizio, ed essere sempre in viaggio, talvolta, è complicato. All’inizio del 2018, dopo il nostro grande tour finale europeo con i nostri amici Der Weig Einer Freiheit, abbiamo sentito fortemente il bisogno di una pausa. Abbiamo fatto molti concerti per promuovere “Exile” (uscito nel 2015), il che è stato assolutamente fantastico ma altresì stancante. Dopo svariati mesi, abbiamo iniziato a far prove per comporre nuovi materiali… Il processo ha dato vita spontaneamente ad “Ascension”, che è stato registrato nel luglio 2019. La nostra musica è stata costruita passo dopo passo, anno dopo anno, album dopo album. Confidiamo nella capacità del tempo di generare creatività, semplicemente perché l’arte non può nascere da un ordine. Come hai detto, questi cinque anni hanno portato a una composizione molto più ragionata. Fortunatamente – o sfortunatamente – noi non siamo una band capace di scrivere in viaggio. Suoniamo musica atmosferica, pertanto abbiamo bisogno di un vero contesto lavorativo per comporre. Una vera sala prove, non un sofà in un backstage. Non abbiamo delle muse, ci serve solo calma per scrivere le canzoni, per sentirci in armonia con noi stessi, per percepire introspezione, come monaci nei loro monasteri. È per questo che impieghiamo così tanto tempo, non riusciamo a fare entrambe le cose allo stesso momento. Riguardo il metodo stesso di scrittura, non è stato facile per questo nuovo album: la sfida di ogni artista è avere l’abilità di creare nuova musica senza ripercorrere strade già battute, e siamo dovuti uscire dalla nostra “comfort zone” per comporre “Ascension”. In definitiva, è stata un’esperienza decisamente emozionante e siamo molto fieri del risultato. Abbiamo messo tutto il nostro coraggio in quest’album. Aggiungerei che c’è una notevole evoluzione tra il nostro primo album e “Ascension”. Mentre molte altre band tendono a lenire i loro obiettivi e a comporre musica più adatta ai gusti di tutti, noi abbiamo fatto l’esatto opposto, incrementando epicità e violenza nelle nostre canzoni. Infatti, puoi trovare molte parti doom e sludge nel nostro primo album… mentre “Ascension” può considerarsi un lavoro molto brutal. Ad ogni modo, non avremmo potuto pubblicare ogni volta un album simile o uguale. Per il futuro… chi lo sa! Comunque, non vogliamo classificare la nostra musica. Non spetta a noi attribuire categorie ed etichette a ciò che suoniamo. Alcuni media ci classificano come genere “post”, che non significa molto per noi.
Per quanto riguarda il nostro contratto con la Season of Mist, è ancora un po’ presto per parlarne, ma per il momento siamo molto, molto felici di lavorare con loro. E questa novità non ha per nulla influenzato la nostra produzione. La nostra precedente etichetta discografica, Les Acteurs De L’Ombre, era una piccola struttura, dove le persone infondevano un’incredibile energia nel far crescere band come noi per mezzo di un intenso e pregresso lavoro di promozione e distribuzione. Noi dobbiamo moltissimo a loro, e sappiamo bene che la nostra band non sarebbe cresciuta così tanto senza di loro. Abbiamo optato per questa scelta semplicemente perché ne abbiamo avuto l’opportunità. La Season of Mist è una struttura più grande, professionale, e sarebbe stato un errore rifiutare un contratto con loro. L’abbiamo fatto per far crescere ulteriormente la band.

A livello estetico e grafico, si può osservare una somiglianza tra le cover art dei vostri tre album, un concept stilistico e visivo che si mantiene coerente in tutta la produzione – lavori artistici molto belli, tra l’altro. Qual è il significato espresso da questa simbologia? Come mai avete optato proprio per queste immagini e queste forme ripetute?

Avere qualcosa di coerente è molto importante. Ogni nostro artwork è stato realizzato dal duo di artisti Førtifem. Li conoscevamo già precedentemente alla nostra prima collaborazione, abbiamo sempre amato le loro creazioni. Siamo molto ispirati da artisti quali Gustave Doré, John Martin e Abrecht Dürer. Come per la produzione musicale, avevamo una precisa idea di cosa avremmo voluto come artwork: abbiamo cercato qualcosa che, da una parte, potesse facilmente ricordare il concetto generale, e dall’altra qualcosa che fosse unico. La continuità, per noi, è fondamentale. Abbiamo volute qualcosa di epico che sapesse perfettamente rimarcare il nostro sound e combinarsi con le tematiche trattate. Noi raccontiamo storie, con capitoli connessi da un tono evocativo e anche, alle volte, da un filo cronologico. Perciò, abbiamo passato a loro le tracce, con indicazioni precise, e loro hanno dato alla luce il risultato finale dopo settimane di dialogo. Mentre “Exile” si chiudeva con “The Incandescent March”, una marcia di forze diaboliche verso il paradiso, “Ascension” si apre con il brano “A New Order”, il cui testo ha ispirato la cover art dell’album: il fuoco simboleggia la celebrazione dell’arrivo di Lucifero e Lilith nel regno di Dio e la battaglia celeste fra arcangeli e demoni. Si nota anche una nuova torre di Babele sullo sfondo, ricostruita dopo esser stata rasa al suolo da Dio in “Exile”… vuole simboleggiare la presunzione e la vanità degli uomini verso il Padre che disprezzano. Un buon indizio per sapere chi vincerà la battaglia al principio della storia… seguiranno molti colpi di scena.

I vostri testi sono densi di simbologia e letteratura sacra, materia quanto mai affascinante e che richiede una attenta lettura e approfondimento. L’aspetto mistico, religioso e ritualistico influenza dalla prima all’ultima nota la vostra intera produzione. Da dove trae origine questo interesse? A quali letture nello specifico vi siete ispirati?

Anche i testi sono cruciali per noi, e non c’è un messaggio ideologico nella nostra musica, noi usufruiamo di questi temi solamente a scopo creativo. Sono simboli intensi, profondi, ben racchiudono i concetti che vogliamo mostrare con la nostra musica, è per questo che li utilizziamo. Nessuno di noi è religioso, ma tutti noi infondiamo una profonda spiritualità nella nostra arte. È una fonte d’ispirazione senza fine per noi, perché i miti non narrano solamente di tempi antichi e perduti, ma del mondo in cui viviamo ora. Proprio per questo sono così coinvolgenti. Le storie ancestrali devono esser lette in quest’ottica, l’analogia dà loro tutta la potenza. Sono state scritte nel passato per descrivere la realtà di oggi e predire il futuro.

Cosa potreste dire circa i rapporti con le altre band? C’è qualche gruppo che vi piace particolarmente? E quali sono le differenze più consistenti fra la vostra sena locale e le altre realtà europee?

Come genere, siamo stati classificati come post black metal e, di nuovo, ad essere onesti, odiamo essere identificati sotto una categoria in questo modo. Se dobbiamo proprio, ad ogni costo, dare un nome alla nostra musica, potremmo dire di suonare black metal, e basta. Abbiamo una nostra visione di questa musica, come altre band hanno la propria. In ogni caso, la scena francese è molto viva e attiva. La nostra precedente etichetta, Les Acteurs De L’Ombre, sigla contratti con molte piccole band, il che permette di far emergere la grande qualità di molte di loro. Anche l’Antiq Records fa un lavoro eccellente: recentemente hanno rilasciato il primo album dei Malenuit (“Incandescente”), un vero capolavoro che unisce black metal, musica folk francese e batcave… la perfezione, davvero. Non c’è bisogno di dire che possiamo citare i Deathspell Omega, The Great Gold Ones e certamente le famose “Légions Noire” degli anni ’90, ma se scavi a fondo nella scena francese puoi trovare qualcos’altro di molto interessante e attuale. L’ultimo album dei Véhémence (“Par Le Sang Versé”) è un ottimo esempio, come anche i Grylle. Per quanto mi riguarda, sono anche un grande fan degli Anorexia Nervosa e dei Nehëmah, due band francesi che purtroppo non esistono più.

Un’ultima domanda, infine, riguardante i vostri progetti futuri. Avete già l’idea di nuovi album? Vi manterrete sullo stesso stile e coerenza tematica o avete in mente qualcosa di differente?

Per il momento pensiamo ad una cosa sola: andare in tour. Per il futuro, nessuno lo può sapere.

È stato un piacere avere l’opportunità di intervistarvi, vi ringraziamo molto per il tempo dedicatoci e vi auguriamo tutto il meglio per la vostra carriera.

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