Sabato 6 Luglio 2019, all’alba dell’uscita del nuovo album dei Turilli/Lione Rhapsody (di cui trovate la recensione qui), in occasione del loro concerto al Fuori Orario abbiamo avuto modo di intervistare Fabio Lione per sapere qualcosa di più riguardo al loro progetto.
Avevate ribadito più volte che il capitolo Rhapsody fosse chiuso ed in effetti così è stato, ma cosa vi ha portati a decidere di ricominciare a lavorare insieme?
Perché i risultati del tour di reunion sono stati molto, molto buoni, superiori a quello che pensavamo ed i promoters, le etichette, ci hanno chiesto di fare qualcosa insieme di nuovo e noi volevamo fare qualcosa di diverso. Quindi abbiamo deciso di continuare insieme perché ci siamo ritrovati dopo diversi anni e ci siamo trovati benissimo, il tour è andato molto bene ed i fan erano molto contenti, dunque abbiamo deciso sì di farlo, ma di fare qualcosa di diverso; ecco perché volevamo usare “Zero Gravity” proprio come nome della band, solo che non è stato possibile perché ci hanno detto che, se avessimo usato questo nome, sarebbe stato un po’ come ripartire da zero. Dopo tanti anni, per chi ha fondato una band e scritto una saga, testi, per chi è stato cantante per più di venti anni e tutto il resto, abbandonare un brand così… È anche poco intelligente, oltre a voler fare un favore a qualcuno, insomma. Quindi abbiamo scelto di usare questo nome e “Zero Gravity” è diventato il titolo dell’album.
Si è molto parlato di questo nuovo lavoro, soprattutto riguardo la possibilità che si trattasse di un progetto Pop (o comunque completamente diverso) e ciò ha sollevato un gran numero di polemiche; il risultato finale ha stupito tutti, quali sono le maggiori differenze stilistiche che distinguono questa nuova “era Rhapsody” e che quindi rispecchiano la vostra evoluzione come artisti?
Penso che nell’album ci siano dei brani che sono quasi assimilabili al Pop, poi sai, il Pop bisogna saperlo fare, sono tutti bravi a dire “io ora faccio il disco Pop”, ma se non hai una bella voce che piaccia alla zia ed alla mamma, non viene fuori. Poi scrivere una canzone, anche se sono pochi accordi, non è facile e non è facile farla bella; altrimenti tutti sarebbero bravi. Ti dico la verità: tante persone hanno paragonato questo lavoro ai due album che ha fatto Luca con Alessandro ma secondo me siamo molto distanti, nel senso che ciò che c’è di simile sono i cori, le orchestrazioni, alcuni arrangiamenti che oggettivamente sono fatti dalla stessa persona, da Luca, quindi è chiaro che ci siano delle similitudini. Ma io penso che sia molto più progressivo, ci sono molti più elementi etnici, ci sono più elementi Pop, molto meno Speed/Power Metal che oggigiorno io e Luca non ascoltiamo, è molto meno “happy”; quindi diciamo che sia molto più dark, più gotico, ci sono anche alcune canzoni che richiamano un pochino i Queen. Una canzone come “Fast Radio Burst” per esempio, ricorda addirittura quasi Rammstein.
Com’è andata la collaborazione con Simone Mularoni? Come vi siete trovati?
Bene! Luca non lo conosceva mentre Alessandro lo conosceva già ed in studio ci siamo trovati benissimo, perché è molto preparato; poi diciamo che ci vuole molta pazienza per fare un disco con noi (ride, ndR) e Simone, oltre ad essere molto bravo, molto preparato, ad avere gusti a 360° è anche paziente. Quindi togliendo la prima settimana, in cui era un po’ spaesato ed un po’ preoccupato, poi ci siamo trovati molto, molto bene.
A cosa è dovuta la scelta di inserire nuovi strumenti musicali particolari appartenenti ad altre culture?
Volevamo dare qualcosa di speciale e volevamo utilizzare sonorità diverse dalle solite utilizzate da tante altre band, oltretutto in alcuni brani si sposano molto bene con delle atmosfere particolari, con percussioni particolari e addirittura anche voci particolari, quindi secondo me è una scelta giusta. Poi chiaramente dipende sempre dal gusto personale e da quello che una band vuole fare; uno può giocare sul sicuro oppure no. Ma non è neanche tanto questo, è prevalentemente il voler provare sempre qualcosa di nuovo, di diverso, anche perché dopo tanti anni per alcuni –sicuramente non per tutti- può diventare anche noioso, per sé stessi. Alla fine, suoni o canti sì per il pubblico, ma anche per te stesso; per cui fare la stessa canzone per tutta la vita, magari non è il caso, ecco. Poi non è così semplice cercare di mantenere il proprio sound ma dandogli una certa evoluzione, quindi noi siamo soddisfatti.
Avremo il piacere di ascoltare Luca suonare il pianoforte live?
Non adesso perché siamo alle primissime date, però sicuramente si in futuro. È anche molto bravo, davvero molto bravo.
La vostra scelta di iniziare un crowdfunding, ormai comune in questo ambito, è stata anche molto criticata pur avendo abbondantemente superato il traguardo prefisso. Come vuoi rispondere a queste critiche?
Le critiche non mi meravigliano perché in Italia è quasi lo sport preferito, quando si parla di me e di Luca… (ride, ndR) diciamo che gli italiani si divertono. Strano perché all’estero non le vedo, solo in Italia le vedo. Il crowdfunding è una scelta che abbiamo fatto perché volevamo offrire una qualità di un certo livello, il budget che abbiamo ricevuto dalla Nuclear Blast era molto buono, potevi tranquillamente farci tre dischi, solo che noi volevamo ospiti -come tu sai-, volevamo stare in studio non un mese ma tre e quindi unendo il budget ricevuto dall’etichetta ed il crowdfunding dei nostri fan – a quanto pare a qualcuno piacciamo – siamo riusciti veramente a fare ed a dare proprio quello che volevamo: cioè il prodotto molto curato nei particolari, con un sound molto buono che può essere ascoltato da qualsiasi stereo, si sente che siano stati spesi questi soldi.
Aver intrapreso questo percorso significa, dunque, che tornerete a lavorare insieme stabilmente? Che progetti avete per il futuro?
Certo, abbiamo già due brani nuovi. Quindi è uscito ora il disco ma noi ne abbiamo già altri due… Mi spiace per i nostri detrattori, ma insomma, ci diamo da fare.
È evidente che questo lavoro sia fortemente influenzato dal percorso personale di Luca, si evince nei testi e negli argomenti trattati che sono senza dubbio particolari ed a tratti anche “delicati”; quanto riesci tu a connetterti con questi argomenti? Li senti tuoi?
Si assolutamente, abbiamo tante cose in comune, abbiamo scritto molto insieme. Io mi interesso un pochino meno di alcuni argomenti, ma anch’io ho il mio percorso; non lo dico perché non mi piace parlarne, ma si. Non tutti riescono a relazionarsi a questi argomenti così delicati, non è facile, è meglio parlare di aquile che volano nei campi di grano.
In uno dei trailer da voi pubblicati, Luca fa riferimento a degli errori compiuti in passato a causa della giovane età e della mancanza di esperienza che naturalmente non desiderate ripetere. A cosa si riferiva?
In realtà ce ne sono tanti, lui intendeva non lasciare che altri prendessero decisioni che spettano a noi, come successe col nostro primo Manager. Ad esempio dei video discutibili e ridicoli, le spadine, la rotaia… Il video di “Power of the Drangonflame” per esempio, è orrendo. Abbiamo dato troppa libertà, non ci siamo impuntati per cercare di creare un’immagine più seria e quindi chiaramente una parte dei nostri fan ci ha presi poco seriamente. Questo un po’ ci dispiace, poi vedi bands che hanno fatto una bella carriera che fondamentalmente erano nostri fan, ma che sono stati gestiti meglio, ecco. Quindi ecco, scelte un po’ sbagliate per i videoclip, poi è facile cercare di ridicolizzare quando si parla di una saga fantasy ma in realtà poteva essere qualsiasi cosa: il nome Algalord potrebbe essere New York, la spada di smeraldo è una metafora, è la ricerca interiore di un livello spirituale superiore e tutto il resto. Che poi tu lo abbia narrato con una saga fantasy perché non volevi esplicitamente parlare di cose un po’ delicate… Un conto è affrontare certi argomenti adesso, con una maturità diversa, un conto era farlo anni fa. Dopo che la saga è stata chiusa abbiamo deciso di fare altre cose, sia da un punto di vista di stile musicale, sia dal punto di vista delle parole utilizzate, perché oggi non abbiamo un limite. In questo album finalmente posso cantare come non canta un cantante Metal, di fatto io non mi sono mai considerato un cantante Metal, ma mi sono trovato a cantare questo genere Power/Speed Metal perché la maggioranza delle band italiane fa quello. Poi il fatto che io riesca ad avere una voce alta e pulita ed un vibrato grande mi ha fatto accomunare agli altri cantanti Power e per questo, magari, mi dicono che io sia uno dei migliori cantanti Power; quando io, di Power, secondo me non ho quasi nulla perché canto di voce piena, il falsetto l’ho usato in questo disco ma poco e praticamente solo qui. Sono molto contento di quello che abbiamo fatto in questo album perché finalmente c’è una varietà che non ti annoia, ogni canzone è suonata ed interpretata vocalmente in una maniera diversa. Se per esempio hai ascoltato la bonus track “Oceano”… Quella è ad un livello proprio diverso; in tanti anni di carriera, è una delle canzoni che più mi hanno soddisfatto. Le mie canzoni preferite di questo cd sono “Arcanum” e “Oceano”. Io sono davvero molto soddisfatto e spero che si riesca finalmente a capire che possiamo fare anche altro. Lo stesso Simone, in studio, ha detto che si tratta di una delle canzoni più difficili che abbia registrato.
A questo punto viriamo verso una direzione più personale; questo album è un viaggio introspettivo che affronta la complessa questione della crescita interiore, la quale può avvenire soltanto in un modo, come anche Luca ci ha spiegato; tu sei riuscito ad accettare le tue “ombre”, a “domarle” in un certo senso?
No. Non del tutto… Però vabbè, nel mio caso è un po’ diverso, è più difficile perché ho una vita davvero molto complicata, anche avere un’altra band dall’altra parte del pianeta non aiuta.
Hai recentemente fatto riferimento alla possibilità di un album solista in futuro. Cosa ti piacerebbe provare?
Non riesco mai, ma vorrei. Ascolta “Oceano” e sai cosa mi piacerebbe fare; un mix tra “Oceano”, “Arcanum”, una “I Am”… Qualcosa che non sia solo Metal, che contenga un mix di stili. Se in Italia ci fosse qualche musicista disposto, mi piacerebbe anche qualcosa di prevalentemente operistico, ma purtroppo nella maggior parte dei casi, ai musicisti italiani interessa solo far vedere quanto siano bravi o quanto vadano veloci con i loro strumenti.