DOBERMANN – Shaken To The Core

by Loris Clerico

Premessa: vorrei inziare questa recensione dicendo due cose.
Per chi non conoscesse ancora i Dobermann sappiate che la band è stata fondata nel 2011 dal bassista e cantante Paul Del Bello e completata dal chitarrista Valerio ‘Ritchie’ Mohicano e dal batterista Antonio Burzotta, propongono un sound che deriva dalle numerose influenze di Van Halen, Thin Lizzy, Motorhead e ZZ Top. Un gruppo cresciuto km dopo km, molto “on the road” in tutto ciò che fanno, dallo stile di vita alla musica e senza escludere pure i testi.
La seconda è che fino ad oggi hanno realizzato diversi dischi in studio, ovvero “Dobermann” (2012) “Testarossa” EP (2014) “Vita Da Cani” (2014) & “Pure Breed” (2017) e ci tengo a sottolineare che sono tutti dischi con ottimi voti, con canzoni molto ben realizzate e che anche al millesimo ascolto non stufano e non sanno di vecchio. Cosa non da pochi al giorno d’oggi.
L’11 giugno uscirà “Shaken To The Core” il nuovo disco di questo cane a tre teste ed un solo cuore, noi di Metalpit lo abbiamo recensito in anteprima per voi.
Dopo aver concluso un tour promozionale per lo scorso “Pure Breed” che è stato un lavoro eccezionale, la band ha deciso di sfornare nuovo materiale che apre le danze con il recente secondo singolo, accompagnato da un video alle altezze, sto chiaramente parlando della title-track “Shaken To The Core” che da subito suona benissimo, spinta e decisa. Questo è lo stile dei Dobermann, il ritornello è fantastico e indimenticabile,  dopo il primo ascolto la si canta già a memoria: “I’m in a war zone, I am shaken to the core!”.
La track successiva è anch’essa molto valida, la chitarra di Mohicano si mischia molto bene con la voce e il basso di Paul, un ritornello molto melodico e quasi ballabile, il piede inizia a battere ed è un “sì”!
Il basso della chioma rossa domina anche nella successiva “Stiff Upper Lip”, con una raffinata esecuzione anche da parte di Antonio alla batteria che rende il tutto più aggressivo e duro, la partenza di questo disco è elettrizzante ed accompagnata da qualche nota qua e là di rock anni ’80.
La traccia successiva “Dropping Like Flies” risulta improntata più sul rock classico, il basso duro di Paul continua a comandare e dirigere il tutto eccellemente, da sottolineare gli eccelleti giri di batteria di Antonio e gli ottimi assoli di Valerio, veloci, ben strutturati e tecnici al punto giusto, non sono presenti note inutili e buttate nella mischia solo per riempire, come sempre risultano due ottimi musicisti, sia in studio che in sede live.
Il primi passi falsi in questo lavoro si chiamano “Over The Top” e la ballad presentata più volte in anteprima live, “Talk To The Dust” che possono far storcere il naso e abbassare il pollice in giù.
Le due tracce infatti possono sembrare abbastanza fuori luogo, soprattutto la seconda, e non calzanti in un disco di questo genere, non sento una connessione valida in nulla, nemmeno negli assoli di Valerio che solitamente ammetto di adorare.
Peccato che i passi falsi continuino e che siano poche le tracce davvero importanti o almeno salvabili, di cui cito “Rock Steady” & “Summer Devil”, quest’ultima nei cori mi fa tornare in mente “Bro Hymn” dei Pennywise, anche se è tutto inciso su ritmi più morbidi sono due tracce valide, il tutto accompagnato sempre da un’ottima alchimia tra la batteria di Antonio e il resto della band.
L’altra canzone che ho anche apprezzato e salvato è “Rolling With The Times” che viene suonata in chiave blues/hard rock, ha quel qualcosa che mi ricorda molto i Thin Lizzy, non è il primo brano che la band propone in questa chiave più melodica e come è successo in altri casi anche questa risulta essere una buona riuscita.
Il disco chiude con una traccia che al primo ascolto non riuscivo proprio a trovare un posto in questo album, poi le note di quel pianoforte mi hanno convinto, unica pecca trovo che Paul non abbia la voce adatta a cantare questo genere di musica lenta – o comunque suonata al pianoforte -, ma complessivamente è orecchiabile.
Questo power trio si è costruito una certa reputazione “on stage”, soprattutto dopo i numerosi shows con band di tutto il mondo come gli Stop Stop, i Great White e i Quireboys, tutto ciò ha portato ad oggi una nuova produzione accompagnata dal noto produttore Alessandro Del Vecchio.
Con una manciata di canzoni memorabili è il peggior lavoro sfornato dal trio ad oggi, non è del tutto bocciato, ma promosso a fatica, sapendo cosa può fare una band di questo calibro, avevo altre aspettative.
Mi è spiaciuto molto non sentire la tanto amata “You Talk It, You Walk It” che pensavo fosse inclusa anche solo come bonus track nel disco. Di sicuro sono comunque curioso di vedere i ragazzi suonare questi brani dal vivo per sentirli e perché no, casomai rivalutarne qualcuna.

Tracklist:
01. Shaken To The Core
02. Staring At The Black Road
03. Stiff Upper Lip
04. Dropping Like Flies
05. Over The Top
06. Talk To The Dust
07. Rolling With The Times
08. Summer Devil
09. Rock Steady
10. Run For Shade
11. Last Man Standing

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