I DGM sono una realtà italiana abbastanza nota ormai da diversi anni. Si sono formati nell’ormai lontano 1994 e attualmente vantano la pubblicazione di 10 dischi tra cui “Tragic Separation” (lo trovate anche nella “Top 10” del 2020), un disco che consiglio a tutti gli amanti del prog di andarsi a recuperare al più presto.
Una band che riesce a mescolare tecnica e melodia allo stato puro, trascinandovi con il pensiero in un altro mondo, sia su disco che dal vivo.
Abbiamo avuto la fortuna di intervistare il gentile e disponibile singer della band Marco Basile.
Buona lettura!
Ciao Mark, benvenuto su Metalpit.it!
Dall’uscita di “The Passage” ad oggi sono passati diversi anni, saranno successe molte cose, ci potete aggiornare un po’ sulla situazione attuale in casa DGM?
Ciao a tutti! Si, sicuramente abbiamo attraversato numerose esperienze, sia personali che di band, molto importanti dal 2016 al 2020. Più di tutto i numerosi concerti in giro per il mondo ci hanno ancora più unito col nostro pubblico e con chi ci segue tanto affettuosamente da anni.
Come avete vissuto il lockdown? Avete lavorato al disco durante lo scorso lockdown?
In realtà noi abbiamo finito le sessioni di registrazione di “Tragic Separation” proprio a ridosso del lockdown, io in particolar modo ho finito le sessioni di voce l’ultima settimana di febbraio e già in Italia circolavano i primi casi della malattia, specialmente al nord.
Fortuna ha voluto che tutto fosse nelle mani del nostro mastermind Simone prima che tutto si chiudesse per mesi, così Tragic Separation è riuscito a vedere luce.
Diciamo che il lockdown è trascorso lavorando principalmenente, pensando ai contenuti video che avrebbero avuto i due videoclip a supporto del disco: “Flash and Blood” e “Surrender”, che fortunatamente in estate siamo riusciti a girare assieme a Matteo Ermeti.
Parliamo dell’artwork del disco, indubbiamente colpisce sin da subito. Dunque la mia prima impressione è stata che sia le mani in copertina, che il titolo “Tragic Separation”, ricordano quella sensazione di separazione che stiamo vivendo tutti in questo preciso momento della nostra vita a causa del Covid. Tutto questo, ha anche a che fare con ciò o è nato prima?
Diciamo che la copertina ha più a che fare con l’esistenziale separazione dal grembo materno, dalla fonte di vita, fino a simboleggiare, attraverso tutto il corso della vita di un essere umano, la separazione dalla vita stessa. Un naturale avvicendarsi di avvicinamenti e separazioni che simboleggiano la vita stessa e la compiutezza del ciclo vitale.
Mi racconti la nascita di questo nuovo concept album? Nasce da un solo elemento dei DGM o un po’ da tutti?
Sicuramente il principale artefice della nostra musica così come arriva sino alle vostre orecchie è Simone Mularoni, ma chiaramente ognuno di noi mette la propria firma a quello che si scrive, le voci in particolar modo sono un lavoro “corale” è il caso di dire, io improvviso delle melodie o chi per me, lavorandoci poi tutti assieme curando il tema portante delle canzoni.
Che sensazioni avevate durante la stesura dei brani?
Molto positive al solito, con la coscienza che Tragic Separation si incanali in un filone che vede tutti i trand mark dei DGM assolutamente presenti, ma che aggiunga molti elementi di novità.
Il disco è sicuramente una delle più belle uscite di questo 2020 (è presente nella top 10 del 2020 che uscirà su Metalpit.it), è la conferma del vostro valore musicale e tecnico che padroneggiate con molta professionalità, ma io personalmente, tra una nota qua e là ci sento un po’ di Symphony X e un po’ di Dream Theater, vi siete ispirati in parte a loro o è del tutto casuale la cosa? (non è una nota di demerito, anzi)
Sicuramente hai citato una delle band alla quale abbiamo guardato molto nella nostra formazione, i Symohony X, che hanno accompagnato non solo la passione di 5 ascoltatori ma molto di piu delle fasi importanti anche della nostra vita on the road. Facendo un tour assieme nel 2011, le nostre esperienze musicali ed umane si sono mescolate, trovando estrinsecazione nel guest su “Reason” di Russel Allen e non ultima la scelta di Simone per la produzione dei dischi solisti di Michael Romeo.
Questa è una cosa che mi ha incuriosito sempre molto su una band come voi: come fate a comporre un pezzo e bilanciarlo più sul “tecnico” o più sul “melodico” o capire se in quel determinato momento serve un assolo di chitarra o di basso o tastiere?
In realtà è una cosa molto naturale devo dire. Non ci sono cose “a tavolino”, l’indicatore che guida la fase compositiva non è molto lontano da quello che probabilmente avevano i Deep Purple i Journey oppure gli Europe, ovvero concentrarsi sulla struttura base della canzone, che sia forte e convinca tutti anche quando la si prende scarna da ogni arrangiamento o abbellimento strumentale. Se funziona bene così, allora può diventare una canzone dei DGM con tutti i condimenti del caso. Un po’ come fossimo ai fornelli, ci vogliono le materie prime sennò tutto il procedimento non vale la pena nemmeno iniziarlo.
Facciamo un passo indietro e parliamo di “The Passage”. L’album più maturo fino a quel momento della discografia dei DGM, la copertina tratta il passaggio dall’acqua al fuoco, a chi è venuto in mente quest’idea? E soprattutto come?
Bella domanda, diciamo che come spesso ci è successo con i nostri grafici, sono stati loro bravi a tradurre in opera d’arte i fiumi di parole scritti da noi, mentre tentavamo di descrivere le sensazioni che hanno accompagnato la scrittura dei brani, da questo magma linguistico, loro sono sempre riusciti a trarre una sintesi visiva che ci ha convinti.
“The Passage” non fa difetto da questo punto di vista, credo che la copertina centri pienamente il messaggio che le canzoni ed i testi comunichino.
“Fallen” è la mia canzone preferita di tutta la vostra discografia. E’ un pezzo duro e diretto, con dei giri di basso pazzeschi, sembrano proiettili sparati da un mitra M60, ma allo stesso tempo ha un ritornello fantastico, pieno di melodia, che entra in testa e non ne esce più.
Mi potete raccontare qualcosa riguardo questa canzone?
E’ stata una canzone venuta fuori così proprio come la descrivi tu, unendo due elementi fondamentali della musica dei DGM ovvero i riff strettissimi di basso e chitarra in questo caso molto veloci e serrati, e la melodia che consente il dipanarsi del tema della canzone.
Il testo racconta di un’ autoaffermazione, la ricerca di un emancipazione emotiva ed esistenziale da ciò che ci avrebbe dovuto invece farci cadere.
Differenze tra i DGM di ieri e di oggi?
Siamo più vecchi, quello è sicuro!!! (ride)
Fondamentalmente la percezione delle differenze in quel che facciamo è una cosa che è sicuramente più evidente a chi ci ascolta piuttosto che a noi che siamo dentro al nostro processo di crescita. Posso dirti che sicuramente le nostre vite sono ancor di più unite e mescolate le une alle altre, questo fa venire maggiormente fuori musicalmente la coesione e l’unione d’intenti quando scriviamo musica assieme.
Quali sono i musicisti o le band a cui si ispira il vostro tastierista, Emanuele Casali?
In realtà da quel punto di vista Emanuele così come il resto della band ha delle passioni comuni, potrei citarti Kevin Moore, Jens Johannsson, John Lord, Keith Emerson, ma anche David Paitch, Quincy Jhones, Mozart, parlando in maniera più ampia.
Oltre alla band, c’è qualcosa che unisce tutti voi membri dei DGM?
Intanto ci accomunano gli affetti e le vite che negli anni abbiamo inevitabilmente mescolato tra tour, sessioni di scrittura e registrazione, in secondo luogo sicuramente ci appassionano cose quali il cinema, le serie TV, la letteratura, dalla condivisione di queste esperienze spesso vengono fuori le migliori cose che abbiamo scritto, ci facciamo molto sollecitare da questi stimoli.
Ditemi una o più band con cui vi piacerebbe fare un intero tour da spalla o co-headliner e perchè.
Spesso ci è capitato di fantasticare su questa cosa, ed i nomi che più spesso vengono fuori sono tutte “irrealizzabili” di band che non fanno più musica assieme o comunque del passato, direi: Deep Purple, Europe, Journey, Kansas, Queen, Toto… Tutti nomi che ci hanno formato, insomma, sarebbe un occasione da sogno che si realizza. Il perchè è molto semplice non ci sarebbe confronto migliore che con le nostre “auctoritas” musicali che hanno avvicinato noi allo strumento, alla musica ed alla scrittura.
Ci sono band (anche di diverso genere da quello che suonano i DGM) che vorresti consigliare ai nostri giovani lettori? Sia emergenti, che già note.
Elegy Of Madness sicuramente sono tra le piu interessate incrociate on stage qualche estate fa, questa la prima che mi è venuta in mente, Simone tra l’altro si è occupato anche di produrre il loro ultimo lavoro. Molto bello e ben suonato.
Bene Marco! Questa era l’ultima domanda, concludi l’intervista come vuoi tu e grazie per il tempo concesso a Metalpit.
Un grandissimo saluto ai lettori ed alla redazione di Metalpit è sempre un piacere scambiare impressioni e considerazioni sul nostro mondo e su come viene percepito fuori da noi, speriamo che questa situazione pandemica rientri velocemente che non vediamo l’ora di andare in tour e portare “Tragic Separation” in giro per il mondo. Ciao!