Dopo la recensione del nuovo album dei Blackfinger “When Colors Fade Away” siamo andati a scambiare un paio di parole con Eric Wagner, frontman del gruppo, noto anche per la sua militanza nei The Skull. Buona lettura!
Come mai avete scelto il nome Blackfinger? Ha qualche significato preciso?
Ormai non ne sono più sicuro. Ho avuto questo nome in mente per molto tempo e aspettavo l’occasione per usarlo. Si potrebbe vedere come un gioco di parole tra Black Sabbath e Badfinger, per cui vada per quello.
Come è nata l’idea per questo nuovo progetto?
Dopo aver lasciato i Trouble nel 2008 ho preso una pausa, circa un paio di anni… un giorno ho deciso di sedermi e iniziare a scrivere e vedere cosa sarebbe venuto fuori. Mi sono ritrovato con un po’ di canzoni e ho pensato di formare una band con qualche amico delle mie parti. Non ero sicuro di cosa sarebbe venuto fuori, era prima di tutto per divertimento all’inizio, ma invece eccoci qui due album dopo, dove le cosse succedono seguendo il loro corso naturale. Penso sia sempre la cosa migliore.
Come sta andando con la band? Dopo due album, siete soddisfatti della risposta?
Sta andando bene, e sì, hanno avuto una buona risposta. Blackfinger è come un bambino che sto crescendo, quindi se non sono in tour con i The Skull sto a casa a fare la mamma.
Le altre band e i progetti influenzano in qualche modo i Blackfinger? Si usa il solito metodo di lavoro o è qualcosa di diverso?
A livello di testi no, sono sempre io (a fare). Se cominci con “The Tempter” (album dei Trouble, ndr) e segui il percorso fino al nuovo album, vedrai che è tutto un unico viaggio. Ora, musicalmente, è diverso perché ci sono altri compositori coinvolti: nonostante ascoltino più o meno la stessa musica, sono tutti individui singoli che mettono le loro idee sul tavolo.
In “When Colors Fade Away” si è notata un’evoluzione positiva della band e un aumento della componente doom. Si continuerà di questo passo o create musica in base al momento?
Non lo so al momento, ho davvero provato a scrivere in un certo modo, direi che la nostra musica è ciò che ne viene fuori. Per cui chissà cosa succederà nel mondo e nella mia vita quando sarà ora di scrivere un altro album.
Com’è nato quest’album? Come lo presenteresti ai fan?
Beh, mi sono allontanato da casa e non ero sicuro di fare un altro album con i Blackfinger, ma Dave Snyder, il nostro batterista che era anche turnista nei Trouble nel periodo di “Plastic Green Head”, vive qui in zona e un giorno è venuto a trovarmi dicendo “dai, facciamo qualcosa”. Così abbiamo riunito il resto della band e trascorso i due anni successivi a registrare le canzoni.
Quali sono i progetti per il futuro? Stai già pianificando qualcosa? Magari passare in Italia?
All’inizio i Blackfinger dovevano essere un progetto per tre album: per un periodo mi sono continuavo a svegliarmo ogni mattina alle 3:33, quindi immagino di dover fare ancora un album almeno. Prima però mi limiterò ad ascoltare le canzoni e godermi il disco, e dopo inizierò lavorare su un nuovo album dei The Skull.
Abbiamo finito, grazie per il tuo tempo!
Grazie a te, il piacere è tutto mio.