IN FLAMES – Clayman 20th Anniversary Edition, se ne sentiva il bisogno?

Il 2020 vede il ventesimo anniversario di “Clayman“, disco che ha fatto da (primo) spartiacque nella carriera degli In Flames. Per i puristi l’album in questione è visto come l’ultimo capolavoro prima del baratro, cosa non condivisibile a detta di chi scrive perché la band di Göteborg è uno dei pochi esempi di coerenza nella scena metal in quanto sempre fedele alle sue idee, più o meno commerciali che siano.

Per celebrare questo importante traguardo la coppia Fridén-Gelotte ha deciso non solo di rilasciare un’edizione rimasterizzata di “Clayman”, ma anche di riregistrare alcune tracce del disco in questione. Non voglio spendere molte parole sulle singole tracce perché l’album è in giro da 20 anni e alcuni delle canzoni al suo interno hanno fatto la storia del metal moderno, tipo “Only For The Weak” e “Pinball Map“. Quello su cui vorrei riflettere e se servisse o meno una remastered di un disco uscito nel 2000 e soprattutto se fosse necessario riregistrare alcune tracce.

La versione originale di “Clayman” gode di un ottimo suono, molto freddo, cosa che si nota subito nell’opener “Bullet Ride“, che mette in risalto lo screaming corrosivo di Anders Fridén. Il sound originale è perfetto per i temi trattati nel disco e per il genere proposto, aggiornarlo non era necessario, ma semplicemente superfluo. Questa nuova edizione infatti gode di sonorità più calde e compatte che mettono in risalto il basso di Peter Iwers e il lavoro di Daniel Svensson dietro le pelli. Il disco perde un minimo di mordente forse, ma il lavoro è comunque di alto livello e lascia comunque soddisfatti. La sensazione è la stessa di vedere un film o giocare a un videogioco al quale è stato fatto un aggiornamento grafico, si resta a bocca  aperta nei primi minuti e poi ci si abitua con buona pace di tutti.

Serviva dunque rimasterizzare un disco già perfetto di suo? Forse sì, si va a sacrificare in parte l’atmosfera dell’album, ma nel complesso il risultato è di buon livello.

Il discorso è più complesso  se invece si va ad ascoltare le tracce riregistrate. Partendo dal presupposto che riregistrare solo quattro brani non ha alcun senso, sembra quasi una mossa dettata dall’insicurezza degli In Flames, forse impauriti dal risultato finale, che hanno deciso di metterle come una sorta di “bonus” per dare un’idea a tutti di come potessero suonare certi brani iconici 20 anni dopo. Personalmente ero molto curioso di sentire le tracce riregistrate, prima di sentire anche solo mezza nota speravo in tutto l’album riregistrato perché sarebbe stata senza dubbio una mossa interessante vista l’evoluzione degli In Flames negli anni, soprattutto a livello vocale. Dopo aver ascoltato la riregistrazione della title-track la curiosità si è dissolta e si è trasformata in rimpianto. Il rimpianto è diventato disperazione dopo aver ascoltato la versione rifatta di “Only For The Weak” e a posteriori sono contento non sia stata fatta una registrazione totale del disco.
I brani riregistrati infatti hanno evidenti problemi di produzione, basti ascoltare “Clayman” per sentire un assolo incollato in maniera totalmente innaturale e anche l’interpretazione vocale di Fridén non convince. Se è vero che il cantante svedese tende a reinterpretare anche dal vivo i pezzi dandogli ogni volta un tocco più personale, è anche vero che in questo caso toglie le emozioni ai brani. Ascoltando proprio “Only For The Weak” si sente un interpretazione assolutamente negativa a livello vocale, sembra quasi svogliata e piatta. È vero che dopo pochi minuti ci si “abitua” e il tutto risulta meno terribile del previsto, ma è impossibile valutare in maniera positiva queste tracce, si salva solamente “Pinball Map” dove lo scream attuale di Anders Fridén ci sta molto bene e non fa perdere grinta al brano.
Bisogna senza dubbio lodare il coraggio degli In Flames di rimettersi in gioco su un disco pressoché perfetto, ma in questo caso la band ha fatto il passo più lungo della gamba. Le tracce riregistrate probabilmente probabilmente verranno apprezzate dagli ascoltatori più casual e dediti al metal più leggero, ma difficilmente i fan della band riusciranno a passare sopra a queste rivisitazioni.

Serviva dunque riregistrare alcune tracce dell’album? Assolutamente no.

Prima di chiudere questa breve riflessione vorrei aprire una parentesi sull’artwork aggiornato che si vede come immagine di copertina che è molto più convincente di quello originale. La copertina originale infatti non è proprio un capolavoro, soprattutto se la si confronta con quelle dei dischi precedenti. Questa rivisitazione invece è più cupa e più adatta al disco.

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