Durante questo periodo di isolamento forzato dovuto alla pandemia, molti gruppi si stanno dedicando alle “pubbliche relazioni” e noi abbiamo avuto occasione di scambiare due chiacchiere con i Jumpscare, band campana dall’impronta molto moderna, al fine di conoscerli meglio.
Allora ragazzi, presentatevi! Per coloro che non vi conoscono: com’è nato il vostro progetto e come siete giunti alla formazione attuale?
Graz: Ciao! Noi siamo Kirion (voce), Graz (batteria), Sal (basso), Andrea (chitarra solista) e Vic (chitarra ritmica). Il progetto Jumpscare nasce a fine 2015/inizio 2016 dopo vari tentativi e varie formazioni avute cercando di riunire le persone migliori con cui mi sono interfacciato nei progetti avuti durante il periodo del liceo/inizio università. Ad animare il progetto è stata la voglia di suonare ciò che ci piaceva, durante la mia carriera musicale mi sono prestato a vari generi ma desideravo suonare metal, quindi ho riunito le persone che condividevano il mio modo di “pensare” e vivere un progetto musicale, col mio medesimo impegno. Sal (mio fratello) e Vic li ho scelti perché abbiamo sempre suonato insieme e poi si è unito un cantante che a sua volta aveva vari progetti di generi differenti; abbiamo subito pubblicato il primo EP, c’era questo grande desiderio di produrre qualcosa in quanto già avevamo dato vita a diverso materiale senza mai registrarlo. Il nostro primo anno di attività è stato intenso perché abbiamo suonato parecchio in tutta la nostra regione, poi abbiamo conosciuto Andrea ad un concerto ed inizialmente entrò per sostituire momentaneamente Vic, quando poi lui è tornato abbiamo proposto ad Andrea di entrare a tutti gli effetti a far parte della band in quanto ci siamo trovati molto bene con lui dal punto di vista personale. Abbiamo conosciuto Kirion tramite un annuncio postato sui social anche se lo conoscevamo già di fama per via delle sue doti canore che al tempo esibiva col suo progetto musicale, cercavamo un nuovo cantante ed abbiamo ottenuto varie risposte; abbiamo organizzato un provino ed è entrato nel gruppo. Avevamo una deadline molto stretta e lo studio di registrazione già prenotato, lui nel giro di pochissimo tempo ha completato un album portando idee molto interessanti e contribuendo a dare un nuovo volto al progetto.
Come vi siete avvicinati alla musica?
Graz: Io ho sempre vissuto con mio fratello maggiore che già suonava in vari progetti di generi diversi, quindi ho sempre avuto la musica in casa, in un certo senso. La voglia di iniziare a suonare però è arrivata quando ho visto il film “School of Rock” da cui ho anche tratto quello che in un certo senso è diventato il mio motto: “I was made to hit in America”. Avevo già questa passione in me sopita, tutti quei film i quali narrano la genesi di un gruppo rock che ho guardato mi hanno poi affascinato così tanto da convincermi a provarci. Inizialmente mi approcciai alla chitarra ma ben presto, su consiglio di mio fratello, provai la batteria e mi resi conto di quale fosse la mia strada.
Sal: Per quanto mi riguarda, al liceo avevo conosciuto dei ragazzi che mi invitarono ad assistere alle loro prove e mi piacque parecchio il contesto; avevo già ascoltato qualche gruppo di grande impatto come Evanescence e Linkin Park che in quel periodo andavano forte ma ero molto ignorante in materia musicale, al punto da non riuscire neppure a distinguere una chitarra da un basso o sapere che tali strumenti avessero bisogno di un’amplificazione per produrre suoni. Mi trovai un giorno per negozi musicali con un mio amico e mi sono reso conto di essere innamorato di uno strumento che nemmeno conoscevo; al tempo mi misi al seguito di alcuni ragazzi appassionati che suonavano e da loro ho imparato tutto ciò che potevo, il fatto di essere bassista in un paese di quasi solo chitarristi mi ha permesso di fare esperienza suonando vari generi e ciò mi è servito.
Andrea: Io ho iniziato ad avvicinarmi a questo genere verso i 13 anni, mio fratello ascoltava questo genere da poco ed io ne ero incuriosito; c’era qualcosa dentro di me che ha iniziato a “martellarmi”, come una voce nella testa che mi ripeteva continuamente “suona!” ed io ho ceduto. Siccome sono mancino, all’inizio l’acquisto di uno strumento è stato un pelo più ostico, iniziai con una chitarra destrorsa a corde invertite, dopo poco però ho acquistato una chitarra realizzata appositamente. Anch’io ho spaziato su vari generi tratti dalla mia rosa di ascolti ma suonando autonomamente, non avevo progetti musicali miei; sono rimasto però sempre più orientato sul metal e prevalentemente Progressive Death, più in generale questi due generi sono preponderanti. Non ho mai avuto altri progetti oltre i Jumpscare, ho provato in passato ma non ho mai concluso nulla di concreto, dunque questo resta il mio primo progetto effettivo.
Vic: Per quanto riguarda me ho iniziato da ascoltatore di musica ed incuriosito dai vari generi che suonavano gli amici di mia sorella e lei stessa, ho iniziato a riempire i miei primi lettori mp3 di qualsiasi cosa che mi piacesse. Dopo un po’, vedendo vari video su YouTube di musica live di artisti come Iron Maiden o Metallica – insomma i vari “big”- ho iniziato a pensare di voler essere lì. Inizialmente volevo imparare a suonare la batteria ma per vari problemi condominiali mi consigliarono la batteria elettrica; tuttavia io volevo picchiare come un assatanato su qualcosa che mi desse soddisfazione, ho optato per la chitarra elettrica perché potevo stabilire io quanto casino fare.
Kirion: Io ho fin dall’inizio avuto un approccio diretto con generi di musica metal più “pesanti”, che includevano un determinato tipo di voce e di suono, fu grazie ad un amico ed io avevo circa 12 anni. Da lì iniziai ad esercitarmi più semplicemente nel cercare di riprodurre dei suoni che sentivo, anche cercando di capire come facesse male e come no, ebbi un primo gruppo ma non era orientato su un sound particolarmente pesante sebbene la mia voce fosse già improntata su ciò che sentite ora; avevo 13 anni ed a quell’età feci anche il mio primo concerto. Nonostante i bei ricordi di quella prima esperienza si trattava comunque di un progetto che non mi permetteva di esprimere appieno ciò che volevo, dunque lo abbandonai. Prima di entrare nei Jumpscare ho vissuto una “pausa” durata circa 5/6 anni, quindi abbastanza lunga; mi sono trovato subito bene con loro ed ho trovato un progetto già ben avviato, mi sono ritrovato immediatamente a registrare insieme a Crema ed ora siamo qui, questa è la mia storia.
Siete una band new age, del resto siete tutti giovanissimi ed utilizzate mezzi moderni per creare la vostra musica; Andrea vuoi parlarci un po’ della tecnologia che utilizzate per comporre e suonare live?
Andrea: Certamente! Prima di tutto il nostro modo di suonare si distacca molto dalle tecnologie precedenti utilizzate negli anni 80-90 e primi 2000, abbiamo prediletto l’utilizzo di una tecnologia che utilizza i suoni digitali. Con essi, tutto il processo che prima avveniva attraverso la microfonazione degli amplificatori che veniva fatto in studio ed anche live è molto semplificato, quindi non c’è più il problema di dover avere strumenti molto costosi ed una conoscenza di come gestire tutta questa strumentazione. Il digitale viene incontro alle esigenze moderne, consente di avere più velocemente un suono maturo ed anche più velocemente una strumentazione adeguata sia a live piccoli che grandi. Noi abbiamo fatto il passaggio dall’analogico al digitale con la registrazione del nuovo album, perché con quest’ultimo ci siamo resi conto dell’evoluzione nella costruzione e nell’utilizzo dei suoni prevalentemente per la chitarra e per il basso; per quanto riguarda batteria e voce ci sono ovviamente applicazioni anche per il digitale però molto meno. Per il momento siamo orientati verso la costruzione di una strumentazione definitiva anche se Vic ne possiede già una sua, lui suona con il Kemper mentre io e Sal utilizziamo il computer ed un programma di effetti professionale. Successivamente il tutto viene controllato tramite dei comandi che provengono da un Sequencer che utilizziamo per le sequenze live, ovvero le orchestrazioni che sono presenti nel nostro album e che sono suonate da vari strumenti orchestrali oltre che in parte da sintetizzatori. Chiaramente non è possibile portare sul palco in tour tutti questi strumenti, si presenta quindi la necessità di avere delle tracce preregistrate che suonano direttamente nell’impianto tramite il Sequencer, attraverso il quale noi abbiamo anche la possibilità di controllare i nostri strumenti a distanza. Esso viene controllato direttamente dal nostro batterista dato che è lui a dare l’attacco ai pezzi.
Sal: Per quel che mi riguarda l’utilizzo del computer è una cosa provvisoria, per necessità di spazio; sono pronto a passare ad un combinazione di suono distorto e pulito con un distorsore per ottenere un suono molto profondo e metallico.
Ci troviamo in un periodo storico particolare, la diffusione del CoVid-19 ha costretto l’intero mondo musicale (e non solo) ad uno standby improvviso e totale, come state affrontando la situazione?
Graz: Ci stiamo mantenendo attivi nella promozione del progetto, cerchiamo sempre nuove idee a tal proposito, ci stiamo dedicando prevalentemente a questo. Personalmente ho avuto la possibilità di confrontarmi con vari musicisti anche di caratura internazionale, come Tony “Demolition Man” dei Venom, scambiarsi pareri e confrontarsi a livello tecnico è qualcosa che in un periodo normale non puoi fare perché ognuno è preso dai propri impegni, è più difficile stabilire un contatto. Non avendo possibilità di esprimerci suonando abbiamo comunque voluto metterci in gioco in modo diverso, attraverso delle collaborazioni che a livello d’immagine possono portare giovamento ma non comportano l’impegno di suonare, abbiamo anche accettato delle proposte di collaborazioni che ci sono state fatte, ad esempio la già annunciata collaborazione con l’ICW (Italian Championship Wrestling) per l’utilizzo delle nostre canzoni come tracce per i loro show e le entrate dei loro wrestler; stiamo cercando di ottimizzare al massimo il tempo per le interviste, ne stiamo facendo tante ultimamente, quindi nonostante l’impossibilità di muoverci da casa stiamo comunque incrementando il nostro piccolo curriculum musicale grazie ai mezzi tecnologici fornitici dai tempi moderni. In minima parte ci dedichiamo anche alla composizione, ognuno di noi ogni tanto ha idee che butta giù per il futuro, ma l’attività compositiva in questo preciso momento ha un ruolo marginale.
Come si prospetta la situazione concerti?
Andrea: c’è da dire che attualmente la situazione non sia per nulla positiva dal punto di vista dei concerti, noi avevamo in programma un tour con i Venom Inc verso marzo che naturalmente è stato posticipato a data da destinarsi; abbiamo anche un tour in est Europa che però non è stato ancora annunciato, avrebbero dovuto annunciarlo in questo periodo ma hanno sospeso tutto in attesa di capire quando potrà effettivamente essere realizzato.
Come hanno risposto i vostri fan in questo periodo così difficile?
Kirion: In questo periodo è stato addirittura possibile raggiungere persone che prima non avevamo raggiunto per qualche motivo; bisogna dire che la risposta sia stata, almeno a mio parere, molto positiva in quanto qualcuno è anche riuscito a supportarci nonostante il periodo in cui chiaramente investire sia diventato più ostico. Ci sono persone che con i propri mezzi hanno deciso di supportarci comunque e a tal proposito tengo a precisare che tutto ciò che noi riceviamo attraverso la vendita del nostro merch viene utilizzato esclusivamente per finanziare il progetto ed avvicinarci a degli obiettivi che altrimenti sarebbero molto più lontani. La musica è investimento e l’investimento puoi farlo anche grazie a chi apprezza ciò che fai, per questo vorremmo ringraziare tutti coloro che hanno deciso di supportarci nonostante il progredire degli eventi; abbiamo anche notato con piacere una risposta positiva relativa alle interazioni social, quindi condivisioni, partecipazione alle dirette, siamo felici di ricevere così tanto supporto. Grazie di cuore a tutti.
Com’è trovarsi all’interno dell’attuale “scena musicale” italiana? Che tipo di ambiente si trova?
Sal: Purtroppo è un brutto ambiente, per un motivo molto semplice: quando tu inizi non sei particolarmente bravo, non hai ancora esperienza, non sai stare sul palco, non sai gestire bene i suoni, magari non hai una strumentazione all’altezza e non ti sai presentare benissimo, quando scendi dal palco gli altri musicisti ti abbracciano, ti danno una pacca sulla spalla, ti dicono: “Bravi! Siete giovani ma si vede che ce la fate, grandi!”; appena riesci a fare un passettino in più succede il finimondo. Gente che davanti ti dice di apprezzare la tua musica e poi vieni a scoprire che siano i primi a boicottarti… È un mondo fatto di persone che hanno vissuto il miraggio della superstar senza mai riuscire un po’ per colpa loro, un po’ perché in realtà quella vita da superstar da film non esiste e sono colmi di frustrazione verso sé stessi e verso il prossimo ma visto che accettare di essere deboli è difficile, si sfogano contro i gruppi più giovani. A noi nessuno regala niente, capita di sentirci dire: “tu hai fatto quella cosa perché hai i soldi” ma se avessimo davvero i soldi non saremmo qui, bensì saremmo in un altro luogo a fare ciò che amiamo. Finché senti dire certe cose da chi non fa parte di questo mondo non lo giudichi ma quando è un musicista a ragionare così… Secondo loro dove abbiamo preso i soldi utilizzati per il video, per l’album e tutto il resto? Abbiamo fatto delle rinunce nel corso del tempo togliendo alla nostra vita personale ed a volte anche alla nostra vita amorosa, sono risultati di sacrifici, questo la gente non lo capisce. Per arrivare a realizzare un video, ad esempio, per lungo tempo ci precludiamo uscite e svaghi di altro genere per poterci permettere poi di finanziarlo.
Kirion: ultimo arrivato in casa Jumpscare ma con una gran capacità comunicativa attraverso le parole oltre che la voce stessa, parliamo di testi come “Earth Decay”, “Mate Feed Kill Repeat”, “Sickness” che arrivano dritti come schiaffi, ispirati e diretti e che smascherano una certa maturità poi negli occhi di un ragazzo. È così anche nella vita o questa “forza” si manifesta prevalentemente attraverso la musica? Da cosa trai ispirazione per scrivere i tuoi testi?
Kirion: Penso che quando un’artista scriva qualcosa ci sia la sua vita stessa dentro ciò che scrive, nella mia ideologia di arte e della sua creazione tutto ciò che è presente all’interno di un’opera (che sia una canzone, un quadro, un libro) è esperienza vissuta dall’artista. Voglio fare una premessa: la maggior parte dei testi è stata ragionata insieme, ce ne sono alcuni in cui sono stato più presente io chiudendomi nella mia stanza e scrivendo la maggior parte del testo, dunque ogni testo fa parte di me indipendentemente da tutto e rappresenta in principio un’esperienza della mia vita; non si tratta solo di uno scritto ma di pensieri che fluiscono all’interno di me e poi nelle mie giornate, che magari maturano e raggiungono nuovi angoli. In alcuni casi si tratta di canzoni scritte in precedenza per i miei vecchi progetti e dunque pensate in momenti e circostanze diverse ma che col tempo e con altre esperienze hanno assunto nuovi significati; in “Sickness” metto in primo piano una conversazione fra un malato e la sua stessa malattia, questo ad esempio può essere sentito intimamente da più persone in quanto racconta quel momento in cui ti arrendi al tuo nemico e mi rendo conto che possa sembrare un messaggio negativo ma in realtà il senso è opposto: tendere la mano verso chi deve affrontare un nemico così forte e non può riuscirci da solo è un’esperienza che ho vissuto in prima persona. Tutto ciò che è scritto nell’album fa parte di me, è un voler raccontare chi sia Kirion attraverso la canzone per mandare un messaggio a tutti coloro che ascoltano; tramite queste esperienze ho capito che se non fossi io la forza di me stesso probabilmente sarei già annegato nel mare della vita.
Ragazzi, arrivo a quella che secondo me è una delle tracce più strabilianti di tutto l’album: Seventh Circle. Sal! Cosa si prova a vestire i panni del sommo poeta? Come mai sei stato scelto tu per questo ruolo?
Sal: All’inizio non ero molto convinto, nel senso che questo pezzo nasce da un’idea particolare mia e di Vic, in quanto io sono molto legato alla lettura ed alla letteratura e lui mi segue in questo, ogni tanto azzardo qualche proposta e cerco di trascinare anche Kirion verso la nostra direzione. Sono stato scelto io perché in passato ho studiato un pochino doppiaggio, inizialmente non volevo prestarmi, è stata un’idea di mio fratello; volevamo fare la parte dello spoken in inglese ma avendo scelto Dante non ci sembrava il caso, ci siamo resi conto che fosse più che opportuno inserirlo in lingua originale anche per una questione d’identità: noi siamo italiani. Ci siamo ispirati un po’ ai Rhapsody per questo e ci piaceva anche la resa di una voce che andasse in contrasto con quella di Kirion, in un certo senso.
Avete scelto il passo del dodicesimo canto dell’inferno in cui Dante svela la pena che i violenti contro il prossimo devono scontare; è una scelta dettata da gusto personale o c’è qualche avvenimento ad esso collegato? Qual è il messaggio di questo brano?
Sal: Si ad entrambe. Era un’idea già in cantiere perché io e Vic ci tenevamo tanto a realizzare qualcosa di questo genere ma non solo: proprio mentre stavamo scrivendo questo brano, ho letto di un avvenimento tremendo avvenuto in una zona non lontana da noi, si trattava dello stupro di una bambina da parte di un familiare; l’avvenimento mi ha toccato al punto da voler comporre qualcosa al riguardo e partendo da esso abbiamo poi cercato qualcosa che potesse adattarsi al tipo di messaggio che desideravamo trasmettere. Abbiamo trovato il settimo cerchio in cui scorre il Flegetonte, un fiume di sangue bollente (o sangue e lava, a seconda delle traduzioni) da cui i violenti contro il prossimo vengono sommersi in base alla gravità dell’atto commesso; abbiamo steso un primo testo che poi Kirion ha rimaneggiato per adattarlo a sé e completarlo, riuscendo ad amalgamarlo con coerenza al resto dell’album sebbene sia nato come un brano a sé stante. Non avevamo idea di come sarebbe venuto alla fine, proprio anche a livello strumentale e desideravamo inserire qualcosa che manifestasse anche un po’ l’identità della nostra band, partendo anche dal nostro nome che rimanda a qualcosa di oscuro ed inquietante.
Kirion: Voglio aggiungere una cosa: quando entrai in sala prove e mi venne proposto “Seventh Circle”, dopo vari discorsi su autori di vario genere tipo Lovecraft ed affini che non sentivo minimamente parte del concetto generale dell’album, ho accettato abbastanza rapidamente perché Dante nel suo Inferno ha fatto ciò che facciamo noi nell’album: una denuncia sociale, una critica al marcio del contesto in cui viviamo. Quando sei nel bel mezzo della composizione di un concept e qualcuno arriva proponendo una nuova idea, devi pensare a come poter inserire quell’idea esterna ed adattarla a ciò che tu stai dicendo, al filo logico che porti avanti; dunque in sostanza questa scelta sposava perfettamente la tematica dell’intero album. Mi sono messo al lavoro su quell’idea la sera stessa ma questo è uno di quei testi su cui abbiamo davvero lavorato tutti insieme, è una canzone che condanna a pieno titolo la violenza, questo è il suo messaggio.
Ci sono dei temi che prediligete trattare nella vostra musica (se sì, quali?) o seguite l’ispirazione del momento?
Kirion: Diciamo che trattare un argomento in una canzone, per esempio, è già di per sé complesso perché bisogna far collimare le idee ed i sentimenti di tutti noi in quanto ovviamente nel momento in cui ciascuno di noi compone prova delle emozioni precise; gli impulsi artistici nascono da qualsiasi cosa ed è chiaro che nel momento in cui si elabora quella composizione, chi le ha dato vita desidera che si parli proprio di quella cosa lì nello specifico e che non venga “adattata” ad elementi esterni. Bisogna coordinare molte teste, alle volte si è discusso sul parlare in prima o terza persona perché parlando in terza persona in un certo senso ti poni da esterno, quasi a voler giudicare la vicenda narrata nella canzone, mentre io personalmente mi immedesimo in ciò che sto raccontando; quando per esempio in “Dead Bodies” ho scritto che i corpi saltano in aria mi sono sentito come se fossi in un film, mi sono visto all’interno di uno scenario di guerra in cui io ero un soldato che vede i suoi amici che un attimo prima parlano e respirano e nel momento successivo volano per aria. Il mio desiderio era ed è che anche l’ascoltatore si immedesimi al punto da “vivere” quella situazione sulla propria pelle, è per questo che do così tanta importanza alla persona; chiunque può pensare che sia facile scrivere un testo in prima persona, in realtà non è affatto così. I Jumpscare all’atto pratico potrebbero parlare di qualsiasi cosa, in futuro per esempio mi piacerebbe studiare ed ampliare il concetto di valore, il valore che noi diamo alle cose.
Sal: Lavorare dei testi consiste nel prendere tutto ciò che può essere utile da chi può/vuole partecipare e si crea una serie di opzioni che successivamente vanno “filtrate” in base ai gusti di tutti. Immagina di creare un cascione pieno di idee, punti di vista, gusti personali, opzioni alternative, nuove sperimentazioni e successivamente ognuno “filtra” il tutto mantenendo solo ciò che più gli si adatta, scartando il resto dopo un processo di ragionamento e tentativi. Kirion in questo ha un ruolo preponderante rispetto a noi perché essendo lui la voce che esprime le emozioni, i messaggi, i contenuti che noi portiamo naturalmente utilizza il suo modo, molto personale e sul quale non possiamo intervenire.
L’ultima domanda sarà la più difficile: parlando del vostro album, quale canzone sentite più rappresentativa o semplicemente vi piace di più e perché?
Kirion: Per me è “Sickness” perché è stata una delle canzoni a cui ho lavorato di più a livello testuale, il messaggio della canzone è molto profondo e dà uno spaccato di come sia affrontare i propri demoni; lo scopo della canzone è in qualche modo aiutare chi ascolta ad affrontare i suoi e non sentirsi solo nel farlo.
Graz: Ti direi “Seventh Circle” perché riassume a livello compositivo tutti quegli elementi che esprimono al meglio la nostra identità personale, la sintesi dei Jumpscare, unendola ad un qualcosa di insito nel nostro DNA, la nostra “italianità” rappresentata da Dante. Per me resta il brano più rappresentativo di tutto l’album, sia dal punto di vista concettuale che compositivo.
Andrea: Quella che mi emoziona di più, mi diverto di più a suonare, mi da più soddisfazione personale e che mi ha permesso una maggiore libertà compositiva è “Seventh Circle”, soprattutto per quest’ultimo motivo; mi ha permesso di esprimermi al meglio ed anche di tributare uno dei miei chitarristi preferiti che è Chuck Schuldiner dei Death. Poi, come dico sempre: Kirion nei ritornelli ha la voce di un demone! Fantastico!
Sal: È molto difficile scegliere ma come bassista, quella che preferisco suonare è “Paralyzed” perché con la distorsione è molto potente e mi piace tantissimo, mi diverto molto a suonarla.
Vic: “Seventh Circle” perché riassume un po’ tutte le sensazioni volute da me all’interno del disco, sia a livello strumentale che emotivo. Quando ascolto, immagino e la suono riesco ad immaginarla allo stesso modo di quando l’ho scritta.
Bene ragazzi, noi abbiamo terminato e vi ringrazio per la disponibilità ed il tempo dedicatoci, sentitevi liberi di aggiungere qualcosa se volete!
Graz: Grazie di cuore a voi per l’intervista e lo spazio che ci avete concesso ed a tutti coloro che la vorranno leggerla, è stato un piacere!