I Tankard festeggiano quest’anno i trentacinque anni di storia e, per celebrarli al meglio, rilasceranno il 2 giugno il nuovo disco, “One Foot In The Grave”, tramite Nuclear Blast Records.
Il loro cantante e fondatore Andreas Fritz Johannes Geremia (o “Gerre”) ci ha gentilmente dedicato qualche minuto per fare due chiacchiere riguardo la storia della band ed il panorama metal tedesco e internazionale. Buona lettura!
Ciao! Sono Jacopo di Metalpit.it, grazie per dedicarci parte della tua giornata
Ciao, qui Gerre dei Tankard, dalla Germania, è un piacere parlare con te!
Cominciamo parlando del vostro passato. Cosa ne pensi dei vostri primi album? Se ne avessi la possibilità, cambieresti qualcosa?
I primi dischi sono ancora tra i miei preferiti, porta sempre molte emozioni avere sottomano i propri primi lavori e non cambierei nulla di loro; a parte in “Disco Destroyer” e “Kings of Beer”, che contengono buone canzoni, ma cambierei il loro suono.
Inizialmente siete stati influenzati da qualcuno in particolare oppure avete scritto le canzoni basandovi solo sulle vostre idee?
Non abbiamo mai programmato il nostro futuro, decidendo in anticipo come sarebbe stato il disco successivo.
Abbiamo cominciato direttamente scrivendo idee per le canzoni, per poi dare un’occhiata ai risultati.
Parlando dell’ultimo album, siamo molto soddisfatti del risultato, è la prima volta che abbiamo lavorato con Martin Buchwalter come produttore, apportando delle modifiche al sound ma sempre concentrandoci sul thrash metal.
Speriamo che il disco piaccia a tutti!
Riguardo le influenze, nei primi anni siamo stati condizionati da band della New Wave Of British Heavy Metal dei primi anni ottanta, come Saxon e Judas Priest delle quali eravamo grandi fan, poi è stato il momento del thrash metal dalla Bay Area, quindi i primi Exodus, Metallica e Slayer. Infine cito sempre i primi Exciter, anche se sono più speed metal. Ascolto ancora metal nel tempo libero, ma non direi siano presenti influenze particolari nel nuovo disco, in quanto ci siamo già evoluti dall’origine dell’heavy e del thrash metal.
Ora parliamo proprio di “One Foot In The Grave”. Quando avete scritto le varie canzoni? E per quanto vi ha occupato registrarle?
Abbiamo cominciato a scrivere i nuovi brani lo scorso anno, tra aprile e maggio, e siamo stati occupati in studio per circa 3/4 settimane.
Le parti vocali ci hanno preso gran parte del tempo, e poi per un’altra settimana abbiamo curato il mixing.
Abbiamo deciso di far parlare il lato serio dei Tankard, in anni nei quali succedono molte cose brutte nel pianeta, quali guerre e terrorismo. Ma non è cambiato molto, è presente una giusta alternanza tra argomenti seri e testi più ironici.
Parlando della parte più “divertente”; sappiamo che Tankard significa “boccale da birra”, e vi etichettate come “Alcoholic Metal”: qual è il vostro rapporto con l’alcol? E da cosa nasce questo nome per il vostro genere?
Inizialmente, abbiamo avuto due nomi diversi, Avenger e Vortex, ma li abbiamo dovuti cambiare visto che c’erano già band con quei nomi, per poi trovare Tankard sul dizionario e scegliere quello.
Ci era parsa un’idea divertente definirci “alcoholic metal” visto che in quegli anni nascevano molti generi, come thrash, black e così via. Di conseguenza abbiamo agito per sostenere questa immagine, come negli album “Chemical Invasion” o “The Morning After”.
Negli anni novanta abbiamo cercato di toglierci di dosso questo appellativo ma abbiamo fallito, quindi ora facciamo da parodia a noi stessi e non ci prendiamo molto sul serio. Talvolta il nome Tankard viene associato direttamente alla birra, ma preferirei si parlasse di più della musica.
Nell’ultimo album ho notato il ritorno del Tankard-alien nella copertina; qual è il significato di questa mascotte per voi?
L’alieno è una cosa che ci appartiene parecchio, quando abbiamo parlato per la prima volta con il nostro manager riguardo cosa mettere nella copertina del disco. È stata una mia idea quella di riproporlo, siamo grati della sua presenza.
Un dato di fatto nella vostra storia è la vostra formazione stabile da una ventina d’anni, dato inusuale. Qual è il vostro segreto?
Siamo tutti amici: conosco Frank, il bassista, dal primo anno di scuola, quindi da più di quarant’anni, e nel 2018 saranno vent’anni anche per Andy nella nostra formazione. Non potrei mai immaginare di suonare con persone diverse da loro. Ci sentiamo come in una piccola famiglia, abbiamo dei buoni rapporti tra di noi, penso potremmo continuare per i prossimi trentacinque anni.
Cosa pensi riguardo altre realtà tedesche nel thrash metal, come Kreator, Sodom, Destruction, Exumer e così via? È davvero alto il talento della Germania per questo genere?
Sì, abbiamo molte band thrash metal, tra le quali quelle che hai citato; personalmente mi è piaciuto molto l’ultimo disco dei Sodom, un bell’album che ha raggiunto il primo posto nelle classifiche, come quello degli Exumer. Abbiamo una scena valida qui in Germania. Possiamo anche contare sugli Holy Moses e molte band più giovani. C’è una bella comunità che a breve vedrà anche il nostro nuovo album, e spero venga apprezzato.
Parlando delle realtà più giovani e di nicchia, ritieni ci siano band nuove in grado di rimpiazzare quelle più “vecchie”?
Certo, abbiamo molti piccoli gruppi in Germania e penso possano rimpiazzare realtà più esperte, anche se esse continuano comunque a suonare nonostante l’età. Cito anche i finlandesi Lost Society: mi piacciono molto e quando li vedo dal vivo mi sento trent’anni più giovane, spero riescano ad ottenere un grande successo.
Negli anni avete fatto molti concerti in Europa come in America. Quali sono le maggiori differenze tra i due ambienti musicali?
Non ci sono molte differenze, in quanto è come se fossimo tutti dei fratelli con la passione in comune per il metal.
Devo dire che i fan nel Sud America sono i più “matti”, ma in generale ci piace molto viaggiare per il mondo, incontrare i nostri ascoltatori e divertirci insieme.
Come ci si sente ad essere d’influenza per molti nuovi gruppi?
Quando nuove band ci vedono come influenze è sempre un bel sentimento, che ci fa sentire molto fieri.
Tornando a parlare della vostra storia, cos’è cambiato dagli inizi ad ora?
La differenza principale è come, inizialmente, tutto ciò che era presente nel panorama metal era nuovo. Siamo grati di aver cominciato a suonare in quegli anni.
Cosa avete in programma dopo la pubblicazione del nuovo disco? Personalmente spero veniate in Italia.
Suoneremo qualche show singolo per poi dedicarci ad una stagione estiva dove suoneremo in vari festival. Poi cercheremo di fare concerti più spesso possibile, ci piacerebbe ovviamente venire nella Bella Italia! Al momento non abbiamo nulla di programmato, ma torneremo sicuramente, il nostro obiettivo è suonare molto per promuovere il nuovo album.
E per quanto riguarda il futuro? Avete ancora della benzina nel serbatoio?
Abbiamo ancora molta benzina da parte! “One Foot In The Grave” è in parte ironico, in quanto celebra i nostri primi trentacinque anni, ma nonostante la nostra età siamo disposti a continuare per altri trentacinque anni!
Bene, questa era l’ultima domanda, grazie ancora per la disponibilità mostrata!
Grazie a voi! Occhio al nuovo video per la title track del disco. Torneremo in Italia il prima possibile.